Storie di calzolai
Artigiani e Commercianti nel 1808
Morosini Federico | Ricevitore Comunale | Dal Colle Domenico | Esercente Filanda | Sanson Lorenzo | Sensale di Granaglie |
Serena Gio Batta | Sensale di Granaglie | Mora Pietra | Sensale di Granaglie | Morello Domenico | Sensale di Animali |
Monchera Antonio | Sensale di Animali | Basso Domenico | Sensale di Animali | Tesser Gio Maria | Sensale di Animali |
Zen Angelo | Sensale di Animali | Massimo Antonio | Sensale di Animali | Pellizzari Polidoro | Sensale di Animali |
Monchera Valentin | Sensale di Animali | Severin Giuseppe | Sensale di Animali | Grigolatto Gio.Maria | Sensale di Animali |
Zen Antonio | Sensale di Animali | Cavarzan Giovanni | Sensale di Animali | Tessariol Antonio | Sensale di Animali |
Battaglia Sebastiano | Sensale di Animali | Faccin Pietro | Sensale di Animali | Menegon Angelo | Sensale di Animali |
Severin Angelo | Sensale di Animali | Zen Matteo | Sensale di Animali | Guolo Andrea | Sensale di Animali |
Arman Giovanni | Sensale di Animali | Rigato Giovanni | Sensale di Animali | Bedin Giovanni | Sensale di Animali |
Chiaro Francesco | Sensale di Animali | Robazza Gaetano | Mercante di Animali | Pellizzari Antonio | Mercante di Animali |
Torresan Antonio | Mercante di Animali | Robazza Antonio | Mercante di Animali | Corrente Giovanni | Mercante di Animali |
Torresan Valentin | Mercante di Animali | Pellizzari Valentin | Mercante di Animali | Battaglia Bortolo | Mercante di Animali |
Robazza Antonio | Mercante di Animali | Robazza Francesco | Mercante di Animali | Stin Tommaso | Mercante di Animali |
Tessariol Paolo | Mercante di Animali | Morelatto Angelo | Mercante di Animali | Mazzocato Osvaldo | Mercante di Animali |
Severin Vincenzo | Mercante di Animali | Innocente Antonio | Mercante di Animali | Calzamatta Giuseppe | Mercante di Animali |
Bonetto Pietro | Mercante di Animali | Corato Angelo | Mercante di Animali | Pellizzari Domenico | Mercante di Animali |
Lorenzon Giacomo | Venditore al minuto | Petris Giuseppe | Tessitore | Petris Giovanni | Tessitore |
Sacol Antonio | Battirame | Polin Steffano | Comerciante in rame | Visentin Sebastiano | Venditore di vetri |
Marcolin Pietro | Venditore vasi di terra | Bessegato Francesco | Carraro | Bettamin Gio:Batta | Carraro |
Pivetta Innocente | Marangone | Dalla Riva Bernardin | Zoccolajo | Innocente Innocente | Bottajo |
Marcolin Pietro | Carraro | Vendramini Antonio | Carraro | Gobbatto Giovanni | Carraro |
Corato Francesco | Marangone | Possagno Angelo | Marangone | Zane Pietro | Bottajo |
Martini Angelo | Marangone | Zanaradi Antonio | Fabbro | Piovesan Antonio | Sarte |
Cavarzan Natale | Sarte | Bettamin Bortolo | Fabbro | Speronello Antonio | Calzolajo |
Gandini Giuseppe | Calzolajo | Mattiel Gio Antonio | Calzolajo | Bortolan Giuseppe | Calzolajo |
Miotto Filippo | Sarte | Pivetta Osvaldo | Calzolajo | Michielin Antonio | Sarte |
Battaglia Antonio | Fabbro Ferrajo | Rigato Angelo | Calzolajo | Battaglia Sebastaiano | Fabbro Ferrajo |
Cecchetto Antonio | Fabbro | Sartorelli Liberal | Calzolajo | Gusella Antonio | Sarte |
Pagnan Valerio | Calzolajo | Conte Giacomo | Sarte | Quadrio Innocente | Sarte |
Cima Pietro | Calzolajo | Speronello Antonio | Fabbro | Pellizzari Giovanni | Fabbro |
Zene Francesco | Sarte | Bolzonello Antonio | Sarte | Favero Giuseppe | Barbiere |
Vido Gio.Maria | Barbiere | Marconato Bortolo | Oste | Speronello Antonio | Oste |
Pilin Angelo | Salsamentario | Visentin Lucia | Salsamentario | Cipriani Angelo | Salsamentario |
Conte Giovanni | Salsamentario | Visentin Marco | Bettoliere | Robazza Antonio | Bettoliere |
Pizzuti Giovanni | Bettoliere | Garbuggio Liberal | Bettoliere | Pivetta Angelo | Bettoliere |
Paolo Vendramini | Bettoliere | Marconato Antonio | Bettoliere | Pivettta Antonio | Macellajo |
Dal Colle Domenico | Venditore di droghe | Guselotto Angelo | Mercante di granaglie | Carretta Girolamo | Mercante di granaglie |
Baggio Antonio | Mercante di granaglie | Gusella Gasparo | Mercante di granaglie | Minotto Giovanni | Mercante di granaglie |
Zamprogno Domen | Mercante di granaglie | Dal Colle Domenico | Prestinajo | Pellizzari Antonio | Prestinajo |
Visentin Andrea | Mugnajo | Pellizzari Tommaso | Mugnajo | Ceberlotto Gaetano | Mugnajo |
Caberlotto Girolamo | Mugnajo | Bortolan Gio:Batta | Mugnajo |
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(Fonte: Museo dello Scarpone)
- Il martello (el martel).
- Le tenaglie (e tenaie).
- La lesina (a subia): ferro ricurvo e aguzzo con piccolo manico di legno, tornito. Serve per praticare i fori nel cuoio e nella pelle.
- Le pinze per occhielli (e pinse): pinze con una bocca a forma di ruota dentata. Servono per “bocchettare” gli occhielli nel cuoio.
- Il trincetto (el cortèl): consiste in una lama d’acciaio un po’ curva, appuntita e tagliente. Serve per tagliare il cuoio e rifilarlo.
- Il punzone (el spunciòt): robusto pezzo d’acciaio con una testa sulla quale si può picchiare col martello. Serve per praticare buchi
- Il bisegolo (el biasegol): arnese di bosso (legno molto duro) con un’estremità leggermente a campana. Serve per levigare e lucidare le suole e i tacchi.
- La liscia (a lissa): strumento di legno simile al bisegolo. Serve per lucidare il cuoio.
- Le bullette (i ciodin): chiodi corti a larga capocchia. Per usi vari.
- Il marcapunti (el marcapunti): rotellina dentata imperniata in un manico. Serve per segnare i punti sulla suola, vicino alla tomaia.
- Il tirasuole (el tirasioe): striscia di cuoio con due impugnature di legno. Serve per stendere e pressare le suole.
1 - Sulla carta viene ritagliato il modello della scarpa (camicia)
2 - Con il trincetto si taglia un pezzo di pelle: la tomaia (tomèra)
3 - Orlatura: la tomaia viene “scagliata” e i pezzi che la costituiscono uniti assieme
4 - Montaggio: sulla forma si applica il sottopiede (la sottana)
5 - Si applica il rinforzo posteriore (forte) e quello anteriore (puntale)
6 - La tomaia viene attaccata alla forma con i chiodini
7 - Cucitura o solettatura: viene applicato il guardolo
8 - Si applica la suola (messa in suola) che viene cucita a mano o inchiodata, alternando i punti con quelli del guardolo
9 - Viene applicato il tacco
10 - Rifinitura:
a) con la raspa per sgrossare
b) con il vetro per rifinire
c) con il bisegolo per lucidare.
Le gallozze o galloscie, o sgialmare, erano le calzature più in uso presso le popolazioni contadine, in quanto rispondevano alle loro esigenze di economia, igiene, robustezza e comodità. Adattissime per quei terreni e quei lavori per i quali altri tipi di calzature avrebbero poca vita.
L’etimologia del nome ricorda forse un’antica calzatura portata dai Galli.
La gallozza era formata da un fusto di legno dello spessore di 2/3 centimetri, ricoperto tutt’intorno e sulla parte anteriore in cuoio. Il tacco piuttosto alto permetteva di slanciare la figura.
Costo medio di una gallozza per il solo fusto e per la copertura in cuoio:
per uomo: da L. 0,70; e coperto di tomaia: L . 2,50
per donna: da L. 0,60; e coperto di tomaia: L. 1,25
per bambino: da L. 0,60; e coperto di tomaia: L. 1,00
Durata media di una gallozza usata quotidianamente: da 5 a 6 mesi. Avevano durata più lunga quanto meglio erano imbroccate sotto il fusto con brocche apposite da gallozza, caratterizzate da una capocchia molto larga appuntita e da una gamba corta.
(Fonte: Le calzature dei contadini veneti - Collana di storia montelliana)
Ogni calzolaio ha uno stile inconfondibile. Realizzata completamente a mano, ogni scarpa ha delle caratteristiche che la differenziano da bottega a bottega.
Nei giorni di mercato, il mercoledì a Montebelluna, il sabato ad Asolo, ed eventualmente in altri mercati della Provincia, gli artigiani espongono su una “panca volante” i prodotti del loro lavoro.
Un documento dell’Archivio Comunale che racconta un piccolo giallo ed apre uno scorcio sulla vita dei calzolai montebellunesi nella metà del secolo scorso.
Per aver precise notizie sul fatto denunciato dal capo della Squadra di sicurezza stazionata ad Asolo . . . questa Deputazione Comunale si fece carico di interrogare il calzolajo Bonsembiante Gio.Battista di Antonio il quale dichiarò, che nella mattina del 4 corrente egli trovandosi nel mercato di Asolo a vendere scarpe sopra una panca volante come è solito fare tutti li giorni di Sabbato, e che, stando alla stessa Panca vidde passare a qualche distanza un giovane di S.Vito di Asolo con un paio di scarpe, che gli sembravano di sua fabbrica; che lo seguì e raggiuntolo in prossimità dell’osteria del signor Sebastiano Freccia, gli ricercò dove avesse acquistato quelle scarpe, che desso gli indicò una Panca ch’era sopra il mercato; che allora si avvicinò con quel giovane a quella panca ch’era di Angela Marconato, vedova del defunto Francesco Bortolan di questa comune, e ricercò alla stessa se avesse ella venduto quel paio di scarpe, al che rispose affermativamente; che sopraggiunto in quell’istante il figlio di essa vedova nomato Abdenigo confessò di averle acquistate da certo Giuseppe Massimo detto Gambatte di Montebelluna che trovasi con Panca sopra quel mercato a vendere limoni.
Allora il Bonsembiante in unione al Bortolan si recò alla Panca del Massimo, e gli fece ricerca da chi avesse acquistate quelle scarpe, ed il Massimo bruscamente gli rispose, che non sapeva; che a tale risposta egli andò in traccia di una guardia di sicurezza, e, rinvenutala la informò del fatto e consegnò le scarpe; che la guardia si recò tosto colle scarpe alla Panca del Massimo, ed interrogatolo da chi avesse fatto acquisto delle scarpe, confessò di averle acquistate da certo Giovanni Robazza del fu Pietro detto dei Noni lavorante del calzolajo Bonsembiante.
Rese in seguito ostensibili al Bonsembiante le scarpe pervenute da Asolo ebbe egli ad osservare che mancavano di balzanette, e di stringhe delle quali erano fornite allorchè le consegnò alla guardia, e che questa mancanza può portare a qualche mala conseguenza; poichè le scarpe al momento che vennero fabbricate erano fornite di balzanette nere grandi, e di stringhe pur nere e lunghe, e al momento che furono consegnate alla guardia erano invece fornite di balzanette picciole, e di stringhe corte e bianche, che non sa comprendere come e da chi possano essere state levate le balzanette e le stringhe.
Queste sono le nozioni, che in proposito la scrivente ha potuto ritrarre,e che subordina a codesto Regio Commissariato Distrettuale per ulteriori disposizioni ritornando il comunicato in unione alle scarpe.
(Lettera all’Imperial Regio Commissariato Distrettuale di Montebelluna)
(Fonte: A.M.M. Polizia - 1846)
Giuseppe Gobbato di Angelo, Calzolajo è un giovane di buona indole, di buona condotta e fornito di mezzi sufficienti per mantenere la moglie nel caso, che dovesse incontrare un matrimonio.
(Fonte: A.M.M., Polizia - 1842).
Caterina Dalbon vedova del fu Gaetano Pivetta detto Tirondana aveva tre figli dei quali uno infermo, uno inetto ad ogni guadagno, ed uno di anni 17 era forte e robusto per nome Luigi, egli esercita il mestiere di calzolaio dal quale mestiere ritrae centesimi 50 per ogni giorno di effettivo lavoro.
L’unico quindi che potesse sussidiare la Vedova sua madre sarebbe quest’ultimo, ma invece è quello che la insulta continuamente, che la maltratta, e che invece di sussidiarla, le consuma anche quel poco, che coll’industria o col lavoro s’impegna di guadagnare.
(Fonte: A.M.M. Polizia - 1842)
Per arrotondare lo stipendio, il calzolaio può svolgere anche altri lavori, come Sartor Ambrogio, che si dedica anche alla bachicoltura.
Sartor Ambroggio del fu Sante Calzolajo in Posmon tenne dei bacchi da seta in società con certo Pietro Morello del fu Domenico detto Pruotto suo vicino. La quantità di questi bacchi presagiva un raccolto di bozzoli del peso di libbre cento, ma l’esito non corrispose e solo libbre settantotto di bozzoli vi ricavarono. Diviso il ricavato il Morello, che aveva sperato un raccolto di libbre cento, e vedendo che sole libbre settantotto ricavarono cominciò ad imputare la deficienza al Sartor, esternando anche nella Bottega del Calzolajo Antonio Bortolan in Visnà alla presenza dei lavoranti Vincenzo Calzamata, ed Antonio Tonello, che il Sartor gli aveva derubato libbre ventidue di bozzoli, e che nel giorno successivo allo smercio fatto dal Sig. Gio. Batta Breda si era recato a vendere le dette libbre ventidue di bozzoli a Fanzolo nella Osteria Boschieri.
Trovandosi quindi leso il Sartor nell’onore domanda che venga istituita regolare procedura e che risultando dalla investigazione che si andranno ad estendere, la sua innocenza, venga il Morello punito a stretto rigore di legge.
(Lettera della Deputazione Comunale di Montebelluna alla Regia Pretura - 18 luglio 1844)
(Fonte: A.M.M. Polizia - 1844)
La bachicoltura però non viene seguita razionalmente. I locali riservati ai bachi sono le cucine, cioè ambienti ristretti e fumosi; inoltre il nutrimento - le foglie di gelso - è male distribuito tanto che, spesso, i bachi soffrono la fame.
Per quanto il sottoscritto è in cognizione quel Menegon Antonio di Valentino di cui fa ricerca la R.Pretura colla Nota 17 andante N° 2116 è un uomo di buona condotta morale e politica. Egli vive disgiunto dalla sua famiglia, ma non è dalla stessa separato, e quindi volendo potrebbe alla stessa che trovasi ben provveduta riscotere la porzione a lui spettante. E’ solo, ed esercita il mestiere del calzolajo, e di Cameriere di osteria nei giorni di Mercato,e col prodotto di tali mestieri può benissimo mantenere la moglie,ove si congiungesse in matrimonio. Per quello riguarda poi la convenienza del matrimonio, che sta per contrarre con Maria Ernesta Bolzonello, il sottoscritto non trova che vi possa essere alcun ostacolo.
In un’epoca in cui molti rubano per sopravvivere, “ladro” è uno degli insulti più comuni e offensivi.
Presentossi questa mane all’Officio Comunale Michielin Lorenzo, Calzolajo in questa Comune e riferì, che Garbujo Gio. Antonio del fu Liberale possidente domiciliato pure in questa Comune ebbe la temerità d’imputarlo di avergli derubato una trappola da topi di ferro, ed una sega.
Per testimonj egli allega Severin Antonio del fu Vincenzo Negoziante di cavalli, e possidente, e Garbujo Catterina moglie di Giuseppe Beghetto ambo di questa Comune.
Insta quindi il Michielin, che contro il Garbujo venga istitutita regolare procedura, e che venga obbligato a restituirgli il suo onore, e punito a senso di legge.
Lettera della Deputazione all’I. R. Pretura in Biadene - 16 ottobre 1844)
(Fonte: A.M.M. Polizia 1844)
Il centro della vita sociale è la bettola, luogo di clamorosi litigi.
Presentossi questa mane all’Officio Deputativo Conte Francesco di Giovanni, Calzolajo, dimorante in Pieve, e riferì, che Rigato Francesco detto Gingi ebbe la temerità d’imputarlo di avergli derubato quattro libbre di curame, non solo ma anche nella sera dei 13 andante verso le ore sei nella cucina del bettoliere Antonio Robazza detto Cavallin di dargli un forte pugno nel viso come possono testimoniare Conte Teresa moglie del suddetto bettoliere, Antonio Robazza, ed Angelo Morlin, del fu Giacomo ambi domiciliati in questa Comune.
(Lettera all’I.R. Pretura di Biadene - 14 ottobre 1833)
(Fonte: A.M.M. Polizia, 1833)
Litigi che continuano per mesi e per anni, con alterne vicende, come una telenovela:
Presentossi quest’oggi all’Officio Deputativo Rigato Francesco detto Gingi, Calzolajo domiciliato in Pieve, e riferì, che la sera del primo corrente verso le ore otto Conte Francesco di Giovanni suo vicino andò alla sua casa, mentre si trovava assente, ed ivi inveì contro di lui dicendo che è una spia porca, un poco di buono, e minacciando di volerlo uccidere, e che ciò sentendo la di lui moglie concepì un tale spavento, che si rese necessaria una cacciata di sangue (un salasso), onde impedire, che le succeda qualche sinistro.
Per testimoni allega Favero Francesco del fu Angelo detto Cividal, e Piovesan Andrea ambi di Pieve.
(Lettera all’I.R. Pretura di Biadene)
(Fonte: A.M.M. Polizia 1834)
Ci sono i lavoranti focosi . . .
Presentossi questa mane all’Officio Deputativo Torresan Marta vedova del decesso Sante Favero, dimorante in Posmon, e riferì che geri si recò alla casa di Callegher Francesco detto Rosan suo genero in Pieve, che verso le ore cinque p.m. ella si partì dalla casa di sua genero, e che certo Vettor Paniz del fu Domenico Calzolajo lavorante nella Officina di suo genero, si esibì di tenerle compagnia; che partirono insieme, e che giunti in prossimità della casa abitata da Giuseppe Agnoletto limitrofa alla strada Calcinada (oggi Corso Mazzini) il Paniz cominciò a violentarla, gettandola nel fosso, ed usandole molte disonestà; ch’essa si mise a gridare, e fortunatamente sopraggiunse con un carro Tesser Giovanni del fu Michiele detto Oca in unione al di lui figlio Fiorino, e la liberarono da quell’infame uomo.
(Lettera all’I.R. Pretura di Biadene - 14 ottobre 1833)
Ci sono vicini irascibili . . .
Giovanni Comarin Oste di Pieve mantiene dei suini, i quali non essendo ben custuditi s’introducono nelle vicine famiglie recando dei danni.
Mercordì scorso questi suini entrarono nella casa abitata da Antonio Menegon Calzolajo, ed ivi rovesciarono un pignato ripieno di brodo cosicchè la moglie del Menegon non poté trattenersi dal fare qualche lagnanza.
Il Comarin avendo sentito le lagnanze della moglie del Menegon sortì dalla Osteria e stando nel cortile cominciò ad inveire contro di essa trattandola da porca, luggia, ed aggiungendo che era protetta; non contento di ciò il Comarin entrò nella sua Osteria, ed ivi seguitò a trattare replicatamente la moglie del Menegon da porca, luggia e protetta alla presenza di Gandin Vincenzo del fu Antonio, di Innocente Gio. Battista di Antonio, di Giovanni Arman detto Spadaccia tutti di questa Comune.
Venuto di ciò in cognizione Antonio Menegon si presentò questa mane, e mi pregò di partecipare il successo a codesto I.R. Commissariato Distrettuale, onde il Comarin abbia a dichiarare chi sia il protettore di sua moglie, e perché abbia pubblicamente denigrato l’onore di essa.
(Lettera all’Imperial Regio Commissariato Distrettuale di Montebelluna - 2 maggio1842)
(A.M.M. Polizia 1842)
Ed ecco il povero Vendramini Eugenio: presta ad Orsola un fazzoletto e, quando ne chiede la restituzione cosa riceve? Pugni e calci dallo spasimante di lei (E solo per caparra!)
Presentossi questa mane all’Officio Comunale Vendramini Eugenio detto Spadonetto calzolajo in Posmon, e riferì che mercordì prossimo passato verso le ore cinque pomeridiane passando dinanzi alla casa abitata da Bortolo Umana detto Chiocchetto, ed avendo veduta sulla porta della casa Orsola figlia del suddetto, le ricercò la restituzione di un fazzoletto, e che a tale domanda sortì da quella casa Giuseppe Massimo detto Bottando, che amoreggia la succitata giovane, e cominciò a maltrattarlo con reiterati pugni e calci, e dicendogli replicatamente, che quella era la caparra.
Per testimoni egli allega Pellizzari Bortolo detto Bottazzo e Torresan Corrente detto Falla ambo di Posmon; Insta quindi il Vendramini, che contro il suo offensore Massimo venga istituita regolare procedura.
(Lettera all’ I.R. Pretura - 25 ottobre 1844)
(Fonte: A.M.M. Polizia 1844)
Un singolare documento del 1814 ci fa conoscere un calzolaio ‘intellettuale’.
Un gruppo di genitori di Trevignano protesta presso il Potestà perché il maestro esercita il mestiere di calzolaio e pizzicagnolo in un luogo non proprio ortodosso: l’aula di scuola.
Gli umili sottoscritti della Parrocchia suddetta, frazione annessa alla Comune di Montebelluna padre di non pochi figli che meritano analoga educazione, veggendo che rejetta ed invano fu per loro supplica prodotta alla propria Municipalità il giorno 5 Dicembre 1812 acciò fosse recata a questa Autorità, ed altra in quest’oggi a quel Comunale Consiglio di Montebelluna per rimpiazzo di soggetto abile e capace a sostenere il carico di Maestro di Scuola Elementare, si fanno perciò carico di ricorrere Supplica alla Suprema Magistratura del Dipartimento onde ottenere un sospirato e necessario intento, attesa la vera, e reale insufficienza del Maestro attuale.
Egli non ben discerne la lettera vocale dalla consonante.
Nella Camera destinata alla Scuola il Maestro esercita il mestiere di Calzolaio come eziandio di Pizzicagnolo, professioni tutte e due lontanissime dalla quiete e ritiro per lo studio. Ma quel ch’è più la pressoché totale insufficienza del precettore.
Gli anzidetti adunque ansiosi di vedere educata la prole implorano caldamente, che venga dalla di Lei Autorità sostituito il nominato Sig. D. Giovanni Fabbro Cappellano di questa Parrocchia come persona, come lo è difatti, fornita di rari talenti.
Nella ferma fiducia adunque di poter essere benignamente esaudito si onorano umiliarle Ces. R. Sig. Conte Prefetto le più distinte ed ossequiose loro grazie.
(Lettera al Sig. Conte Prefetto del Tagliamento - Trevignano 17 ottobre 1814)
(Fonte: A.M.M. Polizia 1814)
Nel 1836 i calzolai sono 36 e hanno ciascuno in media due collaboratori. Il capitale impiegato per ogni bottega è di 100 lire.
Nel panorama dell’artigianato montebellunese “far scarpe” è diventata l’attività preponderante;
primato ribadito dalla presenza di ben 10 venditori di pelli e cuojo. Lo stesso anno i tessitori sono 9, i cordajoli 8, e i pettinajoli 7.
Naturalmente attorno al deschetto siedono esclusivamente uomini. Bisogna attendere il nuovo secolo per vedere le donne entrare in un laboratorio calzaturiero.
Per il momento è considerato tipicamente femminile il lavoro nelle filande, anche se non tutti i mariti vedono di buon occhio la moglie che cerchi lavoro fuori casa.
E’ il caso di Lucia Rinaldo che chiede aiuto al regio Commissario.
Provincia di Treviso
Distretto di Montebelluna
Oggi giorno di mercordì 18 giugno 1845
Comparsa spontaneamente a questo R. Commissariato Distrettuale la nominata Lucia Rinaldo moglie di Michielin Lorenzo nativa,e dimorante in Montebelluna, d’anni 35, di condizione nutrice, depose quanto segue.
Lo stato infelice di mia famiglia m’obbliga a dovermi guadagnare da vivere onoratamente col mestiere ch’esercito, e coll’appoggiarmi in qualche filanda in tempo della seta, ma questa ultima fonte mio marito non acconsente non solo,ma ancora mi tergiversa tutte le strade perchè non abbia a trovarmi un appoggio presso qualche filandiere.Trovandomi imbarazzata per mandar avanti la mia famiglia, che trovasi nel massimo della miseria, così prego questa Onorevole Autorità, affinchè s’interponga, onde ottener possa l’assenso di mio marito d’andare in qualche filanda.
Fatto, letto, e firmato dalla Rinaldo con croce perchè illeterata.
(Fonte: A.M.M., Polizia 1845)