I bisnenti e il bosco Montello
Alla fine del 1800 le popolazioni dei villaggi lambenti il bosco Montello costituiscono un vero caso nazionale. Il 25 maggio 1885 l’onorevole Giuriati così parla alla Camera:
"Il procuratore generale della Corte d’appello di Venezia commendatore Noce, nella sua splendida apertura tenuta lo scorso anno, fece un curioso riscontro. Egli disse che nel maggiore di tutti i distretti giudiziari, quello di Napoli, il numero dei furti campestri era in un anno di 2634 e che nel distretto giudiziario di Venezia, tanto minore, il numero dei furti campestri in un anno fu di 5886, più del doppio. Dunque noi veneti, a sentir queste cifre, si sarebbe davvero i primi ladri d’Italia? Ma non è così. E’ il bosco del Montello che dà il contingente dello squilibrio perché dall’ultimo discorso di apertura del procuratore del Re in Treviso risulta che durante l’anno passato le condanne per furti boschivi salirono alla bella cifra di 4747, e in qualche anno toccarono le cinque mila. E’ vero che se il governo italiano amministra intorno al bosco del Montello una giustizia per ridere, la schiettezza mi obbliga di dire che anche le popolazioni si prestano a prenderla per ridere. Là il carcere non è il carcere come s’intende volgarmente in tutti gli altri paesi. Siccome è un carcere che deriva dalla coscienza buona o grama di un diritto (non andiamo a guardare sottilmente, credo di aver detto abbastanza per mostrare che la coscienza è buona); così il carcere non deturpa e non macchia nessuno. E poi, che infamia può dare una pena a cui tutti quanti già soggiacciono? Ci sono dei giovani a 15 anni che furono presi 15 volte; ci sono dei vecchi a 60 anni che non possono più contare il numero delle volte che sono stati in carcere. Ma vi è di più, o signori. Il carcere là è un asilo, è un vitto, una economia, una provvidenza nei tempi in cui non si può andare nel bosco perché c’è la neve, perché il fango è troppo alto, perché le intemperie non lo permettono. Nel tempo in cui l’opera della mannaia, che si compie in un paio d’ore e che dà cibo per ventiquattro, non può compiersi, che cosa volete che faccia quella povera gente? Sapete che cosa fa? Rivendica la priorità della condanna, reclama il diritto di espiare la pena, fa ressa alla porta del carcere. Ma sciaguratamente anche qui si continua a ridere: non c’è che un carcere il quale non può contenere più di 40 o 50 persone!".
Ora il fenomeno di questa giustizia, che figura così bene nelle tabelle statistiche, è che da molti anni molte comminatorie inflitte dalle sentenze non si sono eseguite; ed è così, o signori, che tre mesi addietro le condanne non eseguite superavano il numero di 17.000.
In verità la storia del Montello è molto istruttiva su come la repubblica di Venezia trattava le popolazioni sottomesse della terraferma. Le comunità montelliane vennero espropriate del loro bosco perché i preziosi roveri che vi crescevano erano indispensabili alla Serenissima per il suo arsenale.
Ora il fenomeno di questa giustizia, che figura così bene nelle tabelle statistiche, è che da molti anni molte comminatorie inflitte dalle sentenze non si sono eseguite; ed è così, o signori, che tre mesi addietro le condanne non eseguite superavano il numero di 17.000.
In verità la storia del Montello è molto istruttiva su come la repubblica di Venezia trattava le popolazioni sottomesse della terraferma. Le comunità montelliane vennero espropriate del loro bosco perché i preziosi roveri che vi crescevano erano indispensabili alla Serenissima per il suo arsenale.
Le principali tappe:
Sec. X
Il Montello è per gran parte coperto da boschi che si estendono anche nella pianura circostante.
Sec. XI
Il territorio montelliano è concesso in feudo ai Conti di Collalto: le carte d’investiture danno ai signori l’esercizio dei diritti sovrani cum Justiciis et pertinentis, ma non trasformano la collina in loro proprietà patrimoniale.
Sec. XII
Si afferma il comune rurale: viene ripreso l’uso comune dei boschi e dei pascoli, principio importato fra noi dal diritto germanico.
I villaggi montelliani costituiscono altrettante regole: queste sono così vigorose che nessun signore feudale vi ha, come in molte altre comunità rurali, il cosiddetto diritto di supramariganza ossia di nominare i loro merighi, che invece le ville montelliane liberamente eleggevano.
Sec. XIV
La Repubblica di Venezia conquista il territorio trevigiano.
1471
Il Senato Veneto interviene con un decreto: riserva per gli usi dell’arsenale i roveri del Montello, come le leggi generali d’allora riservavano tutti i legnami adatti per le costruzioni navali, e lascia pertanto ogni altro prodotto delle terre montelliane ai proprietari, siano comunità o privati.
1515
Girolamo Quirini patron al arsenal decreta, con l’approvazione del Consiglio dei Pregadi, uno speciale “Capitollo per boschi del Montello”. Il Podestà di Treviso deve convocare tutti i merighi e primari delle tredici ville montelliane “et sotto vinculo de sagramento et pena de ribellion” imporre a ciascuno di essi di diligentemente custodire per mezzo dei saltari “li boschi del suo regolado” e intimar loro che, “se sarà fato dano alcuno videlicet in zimar, bruschar over tagliar roori de alguna sorta . . . tutt’i nurighi et primari over Comuni de le dette ville . . . debbano, nulla habita remissione, pagar esso dano et condanaxon justa forma legum”.
1519
Un proclama ordina l’abbattimento delle case in pietra o in legno erette all’interno dei boschi.
1527
Per rendere più severa la sorveglianza viene istituito l’ufficio di Capitano al bosco Montello.
1557
Viene vietato il pascolo e l’ingresso nel bosco con “manere, manerini, cortellazzi et altri simili instrumenti da tagliar”.
1591
Il Consiglio dei dieci delibera che il Montello sia recinto con confine immutabile tutto lungo la sua base e che “togliendolo in Serenissima Signoria ne fusse escluso cadaun particolare”.
Sec. XVII -XVIII
I magistrati veneti emanano continue e sempre più severe disposizioni per salvaguardare i roveri del Montello: confische, pene pecuniarie, frustate, sguazzi (tratti) di corda, prigionia, bando da tutto il dominio veneto e persino la decapitazione in Treviso.
Il numero ed il rigore dei decreti, dei proclami, delle terminazioni provano la tenacia con cui la popolazione persiste nel voler godere anche di quel legname adatto per gli usi dell’arsenal, di cui la repubblica si è impossessata.
Se da una parte Venezia cerca di difendere il bosco, dall’altra attua una politica di conciliazione con gli abitanti delle ville montelliane.
Essi (sono severamente esclusi i forestieri) possono godere di tutti i prodotti del suolo all’infuori delle piante, ed anche di foglie e legna secca, quando giacciono a terra (la confisca delle proprietà private ha esteso la superficie delle terre su cui la popolazione gode di tali prodotti). Solo i boscaioli del Montello hanno diritto e dovere di prestare l’opera necessaria per il taglio e per l’allestimento dei legnami scelti per i bisogni dell’arsenal, per l’espurgo dei fossi di cinta, per la semina delle ghiande; e per queste prestazioni sono compensati largamente in natura.
Una metà degli avanzi di taglio, delle ramate, dei legni di rifiuto, delle piante fradice, spetta gratuitamente ai Comuni e l’altra metà deve essere ceduta esclusivamente ai boscaioli per un prezzo di favore “in modo che il povero abbia ad essere avvantaggiato”, come, ripetendo antiche norme, dice un decreto del 10 settembre 1750. Anche il prodotto delle legne dolci viene goduto dai Comuni per un tenue corrispettivo annuo.
Sec. X
Il Montello è per gran parte coperto da boschi che si estendono anche nella pianura circostante.
Sec. XI
Il territorio montelliano è concesso in feudo ai Conti di Collalto: le carte d’investiture danno ai signori l’esercizio dei diritti sovrani cum Justiciis et pertinentis, ma non trasformano la collina in loro proprietà patrimoniale.
Sec. XII
Si afferma il comune rurale: viene ripreso l’uso comune dei boschi e dei pascoli, principio importato fra noi dal diritto germanico.
I villaggi montelliani costituiscono altrettante regole: queste sono così vigorose che nessun signore feudale vi ha, come in molte altre comunità rurali, il cosiddetto diritto di supramariganza ossia di nominare i loro merighi, che invece le ville montelliane liberamente eleggevano.
Sec. XIV
La Repubblica di Venezia conquista il territorio trevigiano.
1471
Il Senato Veneto interviene con un decreto: riserva per gli usi dell’arsenale i roveri del Montello, come le leggi generali d’allora riservavano tutti i legnami adatti per le costruzioni navali, e lascia pertanto ogni altro prodotto delle terre montelliane ai proprietari, siano comunità o privati.
1515
Girolamo Quirini patron al arsenal decreta, con l’approvazione del Consiglio dei Pregadi, uno speciale “Capitollo per boschi del Montello”. Il Podestà di Treviso deve convocare tutti i merighi e primari delle tredici ville montelliane “et sotto vinculo de sagramento et pena de ribellion” imporre a ciascuno di essi di diligentemente custodire per mezzo dei saltari “li boschi del suo regolado” e intimar loro che, “se sarà fato dano alcuno videlicet in zimar, bruschar over tagliar roori de alguna sorta . . . tutt’i nurighi et primari over Comuni de le dette ville . . . debbano, nulla habita remissione, pagar esso dano et condanaxon justa forma legum”.
1519
Un proclama ordina l’abbattimento delle case in pietra o in legno erette all’interno dei boschi.
1527
Per rendere più severa la sorveglianza viene istituito l’ufficio di Capitano al bosco Montello.
1557
Viene vietato il pascolo e l’ingresso nel bosco con “manere, manerini, cortellazzi et altri simili instrumenti da tagliar”.
1591
Il Consiglio dei dieci delibera che il Montello sia recinto con confine immutabile tutto lungo la sua base e che “togliendolo in Serenissima Signoria ne fusse escluso cadaun particolare”.
Sec. XVII -XVIII
I magistrati veneti emanano continue e sempre più severe disposizioni per salvaguardare i roveri del Montello: confische, pene pecuniarie, frustate, sguazzi (tratti) di corda, prigionia, bando da tutto il dominio veneto e persino la decapitazione in Treviso.
Il numero ed il rigore dei decreti, dei proclami, delle terminazioni provano la tenacia con cui la popolazione persiste nel voler godere anche di quel legname adatto per gli usi dell’arsenal, di cui la repubblica si è impossessata.
Se da una parte Venezia cerca di difendere il bosco, dall’altra attua una politica di conciliazione con gli abitanti delle ville montelliane.
Essi (sono severamente esclusi i forestieri) possono godere di tutti i prodotti del suolo all’infuori delle piante, ed anche di foglie e legna secca, quando giacciono a terra (la confisca delle proprietà private ha esteso la superficie delle terre su cui la popolazione gode di tali prodotti). Solo i boscaioli del Montello hanno diritto e dovere di prestare l’opera necessaria per il taglio e per l’allestimento dei legnami scelti per i bisogni dell’arsenal, per l’espurgo dei fossi di cinta, per la semina delle ghiande; e per queste prestazioni sono compensati largamente in natura.
Una metà degli avanzi di taglio, delle ramate, dei legni di rifiuto, delle piante fradice, spetta gratuitamente ai Comuni e l’altra metà deve essere ceduta esclusivamente ai boscaioli per un prezzo di favore “in modo che il povero abbia ad essere avvantaggiato”, come, ripetendo antiche norme, dice un decreto del 10 settembre 1750. Anche il prodotto delle legne dolci viene goduto dai Comuni per un tenue corrispettivo annuo.
Giavera 16 agosto 1813
Signore!
Antonio figlio di Zuanne Venturin detto Salvador della frazione di Biadene è stato condannato alla multa di Lire Cinque dalla Corte di Treviso con sentenza 2 Agosto corrente n 504 perché conosciuto effettivamente colpevole di furto boschivo nel Regio Montello.
E’ pregato in conseguenza il signor Podestà di ordinare, che venga diffidato il detto Valentin a dover versare nella Cassa delle Regie Finanze, e Demanio in Treviso tempo giorni otto dalla intimazione, la predetta somma di Lire 5:00 insieme all’importare della carta col visto pel Bollo e del registro con la comminatoria degli Atti Fiscali in caso di renitenza.
Ed in Attenzione di graziosi ricambi con la data della praticata diffida ho il bene di protestarmi con verace estimazione.
L’Ispettore
Signore!
Antonio figlio di Zuanne Venturin detto Salvador della frazione di Biadene è stato condannato alla multa di Lire Cinque dalla Corte di Treviso con sentenza 2 Agosto corrente n 504 perché conosciuto effettivamente colpevole di furto boschivo nel Regio Montello.
E’ pregato in conseguenza il signor Podestà di ordinare, che venga diffidato il detto Valentin a dover versare nella Cassa delle Regie Finanze, e Demanio in Treviso tempo giorni otto dalla intimazione, la predetta somma di Lire 5:00 insieme all’importare della carta col visto pel Bollo e del registro con la comminatoria degli Atti Fiscali in caso di renitenza.
Ed in Attenzione di graziosi ricambi con la data della praticata diffida ho il bene di protestarmi con verace estimazione.
L’Ispettore
I mulini
Sin dall’inizio del ‘500 i mulini che sfruttano l’acqua della Brentella che scorre ai piedi del Montello sono numerosi.
Il grano macinato non serviva solo per il fabbisogno locale, ma veniva inviato a Treviso e a Venezia
Ogni opificio aveva in media due ruote,con prevalenza di costruzioni inscritte in un raggio di circa 1 Km. da Montebelluna.
La scarsezza delle seghe è giustificata dai rigorosi vincoli posti dalla Repubblica Veneta sul taglio di alberi nel Bosco del Montello.
Scorrendo la lista dei proprietari di opifici si notano, in prevalenza nomi di nobili famiglie veneziane quali: Emo, Sandi, Grimani, Duodo, Cicogna, Nani, Onigo.
Tutto questo è dovuto al fatto che le nobili famiglie veneziane, non potendo più impiegare i capitali in imprese commerciali, essendosi ormai spostato l’asse commerciale del Mediterraneo ai Paesi Nordici fin dalla fine del ‘500 avevano rivolto sempre più la loro attenzione alla terraferma, acquistando terreni e case e costruendo ville.
(Fonte: Alessandro Torresan, Per una geografia dell’energia del territorio montebellunese nei secoli XV-XIX)
Il grano macinato non serviva solo per il fabbisogno locale, ma veniva inviato a Treviso e a Venezia
Ogni opificio aveva in media due ruote,con prevalenza di costruzioni inscritte in un raggio di circa 1 Km. da Montebelluna.
La scarsezza delle seghe è giustificata dai rigorosi vincoli posti dalla Repubblica Veneta sul taglio di alberi nel Bosco del Montello.
Scorrendo la lista dei proprietari di opifici si notano, in prevalenza nomi di nobili famiglie veneziane quali: Emo, Sandi, Grimani, Duodo, Cicogna, Nani, Onigo.
Tutto questo è dovuto al fatto che le nobili famiglie veneziane, non potendo più impiegare i capitali in imprese commerciali, essendosi ormai spostato l’asse commerciale del Mediterraneo ai Paesi Nordici fin dalla fine del ‘500 avevano rivolto sempre più la loro attenzione alla terraferma, acquistando terreni e case e costruendo ville.
(Fonte: Alessandro Torresan, Per una geografia dell’energia del territorio montebellunese nei secoli XV-XIX)
La certosa del Montello
La sua sparizione avviene quando, nel 1808, Napoleone confisca i beni degli ordini religiosi: i suoi altari, le sue statue, i suoi affreschi vengono venduti, depredati, . . . e finiscono in buona parte nelle chiese dei paesi montelliani.
1846
I boscaioli, detti bisnenti, conservano i vantaggi di fornire la manodopera per i tagli, godono dei prodotti accessori (strame, erba da foraggio, funghi, frutti bacciferi, legna raccolticcia), e crescono così di numero che il bosco diventa sempre più insufficiente a sfamarli tutti.
18 apr 1875
Maddalena Ceccato, di Biadene, condannata per furto boschivo a 15 giorni di carcere, si rivolge al sindaco per ottenere di scontar la pena saltuariamente. Il sindaco segnala al pretore il caso umano:
Certa Maddalena Ceccato moglie a Tocchetton Antonio di Biadene pregava stamane il sottoscritto a voler essere interprete presso la S.V.I., onde ottenere di scontare saltuariamente la pena di giorni 15 di carcere, cui sarebbe stata condannata per furto boschivo.
La sua condizione sarebbe veramente degna di riguardo, giacché è madre di sei teneri figli, i quali all’infuori di essa non hanno chi li custodisca, l’opera del padre bastando appena a provvedere la famiglia tutta dei primi bisogni della vita.
Ond’è che assai di buon grado accondiscende il sottoscritto alla istanza della Ceccato, e prega vivamente la S.V.I. a voler concedere l’invocata facilitazione, almeno due giorni per settimana ogni periodo di prigionia.
(Fonte; A.M.M. 1875)
1876
L’on. G. B. Andrea Secco scrive un saggio sul Bosco Montello indirizzandolo all’on. Branca, Segretario Generale del Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio.
Nelle considerazioni di Andrea Secco sono già ben delineate le varie posizioni sul futuro del bosco che nei successivi logoranti dibattiti verranno riprese:
1 - Rigida difesa come ai bei tempi della Serenissima.
2 - Emigrazione forzata dei bisnenti in altre regioni o all’estero.
3 - Creazione di posti di lavoro favorendo la nascita di nuove industrie.
4 - Distribuzione delle terre del Montello ai bisnenti.
Andrea Secco analizza una per una queste ipotesi e giunge alla conclusione che solo l’ultima appare realistica e risolutrice della crisi sociale.
Interessante il suo identikit dei boscaioli:
“Abituati alla vita, direi nomade ed avventurosa del predone di legna, abituati a lavorare come, quando, dove e quanto loro piaccia; non curanti che di eludere la vigilanza dei guardiani, se sono in molti pronti a batterli, se credono di poterli vincere, essi non rinunciano a poterli vincere finché c’è il loro bosco; nemmeno per idea”.
1878
Dal 1878 al 1885 la media annuale delle condanne per furti boschivi è di 3.000; la durata varia dai due giorni di arresto ai due mesi di carcere. Tuttavia 1.500 sentenze rimangono annualmente ineseguite per la inadeguatezza della prigione mandamentale di Montebelluna che è in grado di ospitare non più di 60 persone.
I comuni di Montebelluna, Cornuda, Volpago, Arcade, Nervesa implorano periodicamente “la clemenza reale, la sola in grado di coprire con il velo dell’oblio tutti i processi e tutte le condanne e spargere un po' di lenimento sulle piaghe di tante infelici e diseredate famiglie di bisnenti”
1846
I boscaioli, detti bisnenti, conservano i vantaggi di fornire la manodopera per i tagli, godono dei prodotti accessori (strame, erba da foraggio, funghi, frutti bacciferi, legna raccolticcia), e crescono così di numero che il bosco diventa sempre più insufficiente a sfamarli tutti.
18 apr 1875
Maddalena Ceccato, di Biadene, condannata per furto boschivo a 15 giorni di carcere, si rivolge al sindaco per ottenere di scontar la pena saltuariamente. Il sindaco segnala al pretore il caso umano:
Certa Maddalena Ceccato moglie a Tocchetton Antonio di Biadene pregava stamane il sottoscritto a voler essere interprete presso la S.V.I., onde ottenere di scontare saltuariamente la pena di giorni 15 di carcere, cui sarebbe stata condannata per furto boschivo.
La sua condizione sarebbe veramente degna di riguardo, giacché è madre di sei teneri figli, i quali all’infuori di essa non hanno chi li custodisca, l’opera del padre bastando appena a provvedere la famiglia tutta dei primi bisogni della vita.
Ond’è che assai di buon grado accondiscende il sottoscritto alla istanza della Ceccato, e prega vivamente la S.V.I. a voler concedere l’invocata facilitazione, almeno due giorni per settimana ogni periodo di prigionia.
(Fonte; A.M.M. 1875)
1876
L’on. G. B. Andrea Secco scrive un saggio sul Bosco Montello indirizzandolo all’on. Branca, Segretario Generale del Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio.
Nelle considerazioni di Andrea Secco sono già ben delineate le varie posizioni sul futuro del bosco che nei successivi logoranti dibattiti verranno riprese:
1 - Rigida difesa come ai bei tempi della Serenissima.
2 - Emigrazione forzata dei bisnenti in altre regioni o all’estero.
3 - Creazione di posti di lavoro favorendo la nascita di nuove industrie.
4 - Distribuzione delle terre del Montello ai bisnenti.
Andrea Secco analizza una per una queste ipotesi e giunge alla conclusione che solo l’ultima appare realistica e risolutrice della crisi sociale.
Interessante il suo identikit dei boscaioli:
“Abituati alla vita, direi nomade ed avventurosa del predone di legna, abituati a lavorare come, quando, dove e quanto loro piaccia; non curanti che di eludere la vigilanza dei guardiani, se sono in molti pronti a batterli, se credono di poterli vincere, essi non rinunciano a poterli vincere finché c’è il loro bosco; nemmeno per idea”.
1878
Dal 1878 al 1885 la media annuale delle condanne per furti boschivi è di 3.000; la durata varia dai due giorni di arresto ai due mesi di carcere. Tuttavia 1.500 sentenze rimangono annualmente ineseguite per la inadeguatezza della prigione mandamentale di Montebelluna che è in grado di ospitare non più di 60 persone.
I comuni di Montebelluna, Cornuda, Volpago, Arcade, Nervesa implorano periodicamente “la clemenza reale, la sola in grado di coprire con il velo dell’oblio tutti i processi e tutte le condanne e spargere un po' di lenimento sulle piaghe di tante infelici e diseredate famiglie di bisnenti”
1885
Il Montello è compromesso: in 3.500 ettari il bosco è interamente distrutto; in altri 2.400 ettari la densità boschiva è ridotta a metà del dato normale, tutta legna da fuoco e da basso uso sociale.
“Non è un parossismo delle demolizioni che incalza il boscaiolo, - dichiara G. Dall’Armi” - nato in ambiente di attività agricola il bisnente stesso condanna l’opera propria ed aspira al lavoro utile dei campi, alla modesta agiatezza della popolazione rurale”.
1886
Nuova petizione al Parlamento e al Governo dei comuni montelliani. In essa vengono difesi i bisnenti, a torto considerati dei malfattori. In quanto ai furti boschivi si dice: “L’opinione popolare non viene mai vista dalla legge, poiché il Montello è considerato fino ad un certo punto proprietà dei boscaioli: la legge punisce, ma la coscienza assolve, e la contravvenzione boschiva non è mai tenuta in conto di reato morale, assai meno di quel che tale si dica la denuncia infedele dei redditi tassabili o il contrabbando del sale e del tabacco. Il boscaiolo non solo crede di non rubare, ma intende usufruire di legittimi diritti sopra una selva, che ab immemorabile gli appartiene, né è possibile smuoverlo da tale credenza, trasmessa da generazione in generazione come è del pari impossibile convincerlo che lo Stato non ruba a lui vendendo piante ad estranee imprese”.
1 giugno 1888
In un incontro a Giavera i sindaci montelliani rispolverano la vecchia proposta di cedere il Montello in enfiteusi o vendita ad un Consorzio Agrario o Società. Il Consorzio si sarebbe impegnato di conservare a bosco circa 1.000 ettari (un sesto del bosco) nella zona settentrionale dei comuni di Selva, Giavera, Bavaria e Nervesa, Ciano. Il Consorzio, dissodato il terreno, avrebbe dato compartecipazione a mezzadria sui prodotti ai bisnenti lavoratori. Avrebbe eretto circa 400 case, fabbricato latterie, cantine sociali, un ospedale, avrebbe istituito cucine economiche, avrebbe pagato le imposte.
I vantaggi di questo progetto sono così riassunti: i comuni diventerebbero proprietari della collina e la questione sociale sarebbe risolta, in quanto le 800 famiglie boscaiole lavorerebbero 5 ettari per ciascuna.
febbraio 1892
Viene promulgata la legge (detta Bertolini) che scioglie il nodo della questione montelliana. La metà del Montello meno vicina agli abitati, sarà divisa in piccoli lotti e posta in vendita; il ricavato formerà una Cassa alla quale i bisnenti potranno richiedere prestiti. L’altra metà sarà divisa in quote.
Le quote saranno distribuite per sorteggio e concesse per i primi sei anni a titolo di affitto gratuito con obbligo ai concessionari di pagare il tributo fondiario e di mettere a coltura entro due anni il fondo concesso.
I concessionari durante i sei anni, non potranno subaffittare la quota concessa.
La Cassa Montelliana (il cui prestito fu delegato alla Banca Popolare di Montebelluna) concederà ai bisnenti anticipazioni a scadenza di 9 mesi per provvedere alla coltura delle terre e per acquistare scorte vive e morte.
1892
Le difficoltà nel tradurre in fatti le volontà del Parlamento non sono lievi.
Primo interrogativo: Il Montello deve essere distribuito fra tutti i poveri dei cinque comuni o solo fra quelli che abitano alla periferia della collina e che da soli ne hanno goduto i diritti d’uso indispensabili alla loro sussistenza?
Per quanto riguarda Montebelluna, ad esempio, viene deciso che solo i bisnenti di Biadene e Caonada possano godere del beneficio della quotizzazione; chi abita in altre frazioni resta escluso.
Secondo interrogativo: La quotizzazione deve farsi per famiglia anziché per testa; ma di quale famiglia si parla?
Si decide di riunire o scomporre le famiglie in modo che coloro i quali ricevono una quota sul Montello si trovino in condizioni uniformi sotto l’aspetto del numero e del reddito.
Terzo interrogativo: Chi sono i poveri? In principio per “povero” si intende colui che abbia bisogno dell’altrui soccorso per vivere; in seguito si accetta l’interpretazione per cui possono ricevere un pezzo di terra anche “gli individui non assolutamente poveri, i quali possono essere coloro che pur essendo iscritti nel ruolo delle imposte o ricavando qualche guadagno dall’esercizio di una professione, di un mestiere o di un impiego, o godendo di altro reddito di qualsiasi natura non avrebbero però avuto sufficienti mezzi per il proprio sostentamento se quel guadagno o quel reddito d’un tratto fosse venuto loro a mancare”.
1893
Molte famiglie si dividono fittiziamente in più rami allo scopo di presentare più domande. Nel caso di famiglie composte di genitori e pochi figli adulti, i primi presentano una scheda per conto loro e i figli ne presentano una, due o tre separatamente, credendo così di eludere la legge che fissa nella famiglia l’elemento principale della quotizzazione. In breve tempo ben 255 schede vengono presentate ricorrendo a questo espediente (Volpago 104, Selva 67, Venegazzù 42, Biadene 18, Ciano 9, Caonada 8, Giavera 5, Nervesa 2).
Più volte la Rappresentanza Consorziale Montelliana si trova costretta a deliberare l’esclusione dalla lista di individui isolati, privi di parenti perché per l’età avanzata, per la salute malmessa, e talvolta anche perché si trovano nella più squallida miseria, non danno sufficienti garanzie di poter mettere a coltura il fondo qualora gli venga concesso.
Il Montello è compromesso: in 3.500 ettari il bosco è interamente distrutto; in altri 2.400 ettari la densità boschiva è ridotta a metà del dato normale, tutta legna da fuoco e da basso uso sociale.
“Non è un parossismo delle demolizioni che incalza il boscaiolo, - dichiara G. Dall’Armi” - nato in ambiente di attività agricola il bisnente stesso condanna l’opera propria ed aspira al lavoro utile dei campi, alla modesta agiatezza della popolazione rurale”.
1886
Nuova petizione al Parlamento e al Governo dei comuni montelliani. In essa vengono difesi i bisnenti, a torto considerati dei malfattori. In quanto ai furti boschivi si dice: “L’opinione popolare non viene mai vista dalla legge, poiché il Montello è considerato fino ad un certo punto proprietà dei boscaioli: la legge punisce, ma la coscienza assolve, e la contravvenzione boschiva non è mai tenuta in conto di reato morale, assai meno di quel che tale si dica la denuncia infedele dei redditi tassabili o il contrabbando del sale e del tabacco. Il boscaiolo non solo crede di non rubare, ma intende usufruire di legittimi diritti sopra una selva, che ab immemorabile gli appartiene, né è possibile smuoverlo da tale credenza, trasmessa da generazione in generazione come è del pari impossibile convincerlo che lo Stato non ruba a lui vendendo piante ad estranee imprese”.
1 giugno 1888
In un incontro a Giavera i sindaci montelliani rispolverano la vecchia proposta di cedere il Montello in enfiteusi o vendita ad un Consorzio Agrario o Società. Il Consorzio si sarebbe impegnato di conservare a bosco circa 1.000 ettari (un sesto del bosco) nella zona settentrionale dei comuni di Selva, Giavera, Bavaria e Nervesa, Ciano. Il Consorzio, dissodato il terreno, avrebbe dato compartecipazione a mezzadria sui prodotti ai bisnenti lavoratori. Avrebbe eretto circa 400 case, fabbricato latterie, cantine sociali, un ospedale, avrebbe istituito cucine economiche, avrebbe pagato le imposte.
I vantaggi di questo progetto sono così riassunti: i comuni diventerebbero proprietari della collina e la questione sociale sarebbe risolta, in quanto le 800 famiglie boscaiole lavorerebbero 5 ettari per ciascuna.
febbraio 1892
Viene promulgata la legge (detta Bertolini) che scioglie il nodo della questione montelliana. La metà del Montello meno vicina agli abitati, sarà divisa in piccoli lotti e posta in vendita; il ricavato formerà una Cassa alla quale i bisnenti potranno richiedere prestiti. L’altra metà sarà divisa in quote.
Le quote saranno distribuite per sorteggio e concesse per i primi sei anni a titolo di affitto gratuito con obbligo ai concessionari di pagare il tributo fondiario e di mettere a coltura entro due anni il fondo concesso.
I concessionari durante i sei anni, non potranno subaffittare la quota concessa.
La Cassa Montelliana (il cui prestito fu delegato alla Banca Popolare di Montebelluna) concederà ai bisnenti anticipazioni a scadenza di 9 mesi per provvedere alla coltura delle terre e per acquistare scorte vive e morte.
1892
Le difficoltà nel tradurre in fatti le volontà del Parlamento non sono lievi.
Primo interrogativo: Il Montello deve essere distribuito fra tutti i poveri dei cinque comuni o solo fra quelli che abitano alla periferia della collina e che da soli ne hanno goduto i diritti d’uso indispensabili alla loro sussistenza?
Per quanto riguarda Montebelluna, ad esempio, viene deciso che solo i bisnenti di Biadene e Caonada possano godere del beneficio della quotizzazione; chi abita in altre frazioni resta escluso.
Secondo interrogativo: La quotizzazione deve farsi per famiglia anziché per testa; ma di quale famiglia si parla?
Si decide di riunire o scomporre le famiglie in modo che coloro i quali ricevono una quota sul Montello si trovino in condizioni uniformi sotto l’aspetto del numero e del reddito.
Terzo interrogativo: Chi sono i poveri? In principio per “povero” si intende colui che abbia bisogno dell’altrui soccorso per vivere; in seguito si accetta l’interpretazione per cui possono ricevere un pezzo di terra anche “gli individui non assolutamente poveri, i quali possono essere coloro che pur essendo iscritti nel ruolo delle imposte o ricavando qualche guadagno dall’esercizio di una professione, di un mestiere o di un impiego, o godendo di altro reddito di qualsiasi natura non avrebbero però avuto sufficienti mezzi per il proprio sostentamento se quel guadagno o quel reddito d’un tratto fosse venuto loro a mancare”.
1893
Molte famiglie si dividono fittiziamente in più rami allo scopo di presentare più domande. Nel caso di famiglie composte di genitori e pochi figli adulti, i primi presentano una scheda per conto loro e i figli ne presentano una, due o tre separatamente, credendo così di eludere la legge che fissa nella famiglia l’elemento principale della quotizzazione. In breve tempo ben 255 schede vengono presentate ricorrendo a questo espediente (Volpago 104, Selva 67, Venegazzù 42, Biadene 18, Ciano 9, Caonada 8, Giavera 5, Nervesa 2).
Più volte la Rappresentanza Consorziale Montelliana si trova costretta a deliberare l’esclusione dalla lista di individui isolati, privi di parenti perché per l’età avanzata, per la salute malmessa, e talvolta anche perché si trovano nella più squallida miseria, non danno sufficienti garanzie di poter mettere a coltura il fondo qualora gli venga concesso.
23 febbraio 1893
I risultati finali dei lavori della Rappresentanza Consorziale sono i seguenti: numero complessivo delle quote 1.219; domande respinte 498 delle quali pewr mancanza dell’estremo di povertà 220, per mancanza di domicilio decennale 88, per mancanza di dimora 152, per motivi diversi 38.
I risultati finali dei lavori della Rappresentanza Consorziale sono i seguenti: numero complessivo delle quote 1.219; domande respinte 498 delle quali pewr mancanza dell’estremo di povertà 220, per mancanza di domicilio decennale 88, per mancanza di dimora 152, per motivi diversi 38.
Nel complesso gli abbinamenti (l’unione di più famiglie per una quota) interessarono 1.455 famiglie: di due famiglie 587, di tre famiglie 83, di quattro famiglie 8. Le speranze di coloro che sono impegnati in questo progetto di colonizzazione vengono così riassunte nella relazione della Rappresentanza Consorziale montelliana che conclude i suoi lavori in questa data: “Il Montello, già fosco fattore di depravazione e miseria, mercé di concorso umanitario di tutti gli onesti, si tramuterà in un’oasi di pacificazione sociale e di pubblico benessere.”
1900
La riforma del montello viene presentata alla mostra di Parigi quale esempio di colonizzazione interna.
1900
La riforma del montello viene presentata alla mostra di Parigi quale esempio di colonizzazione interna.
1915 - 18
Divenuto teatro di battaglia, il Montello vede le sue piantagioni spazzate dagli eserciti
Divenuto teatro di battaglia, il Montello vede le sue piantagioni spazzate dagli eserciti
1926
Il 20% di coloro che hanno ricevuto una quota sul Montello sono scomparsi dal numero dei piccoli proprietari, assorbiti dai proprietari maggiori, per varie cause, non ultima, l’aumentato prezzo dei terreni.
1935
Gli abitanti del Montello sono 3.000, la stragrande maggioranza poverissimi, appena in grado di procurarsi il necessario per vivere, come afferma il parroco di Santa Maria della Vittoria rivolgendosi al Comune di Montebelluna per ottenere un contributo per la costruzione della stessa chiesa.
L’eco della riforma del Montello giunge fin nelle lontane Americhe e risveglia gli appetiti di affamati emigrnati. Un montebellunese dal Brasile pretende la sua parte di quota.
Ill.mo Sindaco de Montebelluna
21 luglio 1913
Italia
Trovandome qui nel Brasile a cerca 23 anni, e non avendo avuto notizia de mia famiglia e sapendo da un mio compaesano che era morto mio fratello Francesco Marcolin o scritto molte volte ma nessuna risposta o ricevuto.
Ora vengo con questa mia fraca lettera domandandoli le informazioni, in primo luogo de mia famiglia, Marcolin Stefano, dico (Marcolin Antonio). Ora avendo de liquidare un negocio de una parte de terra, o un lote, que non posso sapera quanta terra sera, questa parte de terreno lo avuta a molti anni, da parte de divisione fatta a circa 35 anni mais o meno e volendo venderlo, e non sapendo come devo portarmi, mirivolgo a Vs per darmi notizia venuta, sopra questo negocio come si trova, se e facile per venderlo quanto si po calcolare.
Io tengo un amico ch . . . fara una gita in Italia, e conforme le sue istruzione, le farò una procura del Console Generale de S. Paulo per fare la respetiva dimanda. Per questo la prego de informami subito, sopra questo mio petido e profitare questo mio amico che deve imbarcarsi più presto posibile.
Mi scusara della mia libertà che prendo ma deve sapere che non avendo altri mesi, solo rivolgersi alle autorità superiori per sapere le informazioni esate.
Lo ringrazio de disturbo che Vostra Signoria e atendo una pronta risposta.
La direzione è questa.
Marcolin Stefano
Ao Quidado de . . . Musegante S. Josè de Rio Preto
Estado de S. Paulo Brazile America
Non sapendo il suo nome faccio la direzione direta al Sindaco.
Lo prego che non dimora per farmi sapere quanto li chiesi, dinuovo la ringrazio del suo disturbo e de lei servo sono Altissima stima firmo . . .
Marcolin Stefano
Il Sindaco gli risponde che il disinteresse dimostrato nei confronti della famiglia non gli dà diritto ad alcuna briciola di eredità.
Al Sig. Marcolin Stefano 29 settembre 1913
S. Paulo del Brasile
Comunicata la vostra lettera a vostro fratello Antonio, ecco quanto ha dichiarato in risposta.
Quando voi partiste per l’America la famiglia non possedeva nulla, tuttavia vi fornì il denaro necessario cio £. 490 facendo un debito che poi pagò senza il vostro concorso. Voi avevate promesso di dare subito vostre notizie e, potendo, mandar aiuti; invece non vi siete mai più fatto vivo. Tre anni dopo il Governo assegnò alla famiglia 4 campi del Bosco montello sui quali voi non avete alcun diritto perchè avevate abbandonato l’Italia e la vostra famiglia, ed ora sono stati divisi da R. Notaio in questo modo: 2 campi al padre, uno al vostro fratello Antonio, mezzo al figlio del defunto vostro fratello Francesco e mezzo alla sorella Giuditta. I Vostri genitori sono vivi entrambi, ma molto vecchi e infermi, e sono assistiti e curati da vostro fratello Antonio che ha anche a carico due nipoti, orfani dei vostri fratelli.
Vostro fratello vi ha mandato diverse volte delle lettere per mezzo di conoscenti che ve le consegnarono, ma voi non vi siete mai curato nè di lui nè dei vostri vecchi genitori.
Come potete ora pretendere una parte della loro sostanza che non vi spetta se non in caso che vi resti in eredità da vostro padre?
Il Sindaco
Malgrado i suoi limiti anche la riforma del Montello ha un suo benefico influsso sullo sviluppo economico sociale del territorio montelliano: ha allentato la tensione sociale fra la popolazione che viveva praticamente fuori dalla legge e ha aumentato la schiera dei piccoli proprietari, una classe che sta all’origine di gran parte del “miracolo veneto”.
Il 20% di coloro che hanno ricevuto una quota sul Montello sono scomparsi dal numero dei piccoli proprietari, assorbiti dai proprietari maggiori, per varie cause, non ultima, l’aumentato prezzo dei terreni.
1935
Gli abitanti del Montello sono 3.000, la stragrande maggioranza poverissimi, appena in grado di procurarsi il necessario per vivere, come afferma il parroco di Santa Maria della Vittoria rivolgendosi al Comune di Montebelluna per ottenere un contributo per la costruzione della stessa chiesa.
L’eco della riforma del Montello giunge fin nelle lontane Americhe e risveglia gli appetiti di affamati emigrnati. Un montebellunese dal Brasile pretende la sua parte di quota.
Ill.mo Sindaco de Montebelluna
21 luglio 1913
Italia
Trovandome qui nel Brasile a cerca 23 anni, e non avendo avuto notizia de mia famiglia e sapendo da un mio compaesano che era morto mio fratello Francesco Marcolin o scritto molte volte ma nessuna risposta o ricevuto.
Ora vengo con questa mia fraca lettera domandandoli le informazioni, in primo luogo de mia famiglia, Marcolin Stefano, dico (Marcolin Antonio). Ora avendo de liquidare un negocio de una parte de terra, o un lote, que non posso sapera quanta terra sera, questa parte de terreno lo avuta a molti anni, da parte de divisione fatta a circa 35 anni mais o meno e volendo venderlo, e non sapendo come devo portarmi, mirivolgo a Vs per darmi notizia venuta, sopra questo negocio come si trova, se e facile per venderlo quanto si po calcolare.
Io tengo un amico ch . . . fara una gita in Italia, e conforme le sue istruzione, le farò una procura del Console Generale de S. Paulo per fare la respetiva dimanda. Per questo la prego de informami subito, sopra questo mio petido e profitare questo mio amico che deve imbarcarsi più presto posibile.
Mi scusara della mia libertà che prendo ma deve sapere che non avendo altri mesi, solo rivolgersi alle autorità superiori per sapere le informazioni esate.
Lo ringrazio de disturbo che Vostra Signoria e atendo una pronta risposta.
La direzione è questa.
Marcolin Stefano
Ao Quidado de . . . Musegante S. Josè de Rio Preto
Estado de S. Paulo Brazile America
Non sapendo il suo nome faccio la direzione direta al Sindaco.
Lo prego che non dimora per farmi sapere quanto li chiesi, dinuovo la ringrazio del suo disturbo e de lei servo sono Altissima stima firmo . . .
Marcolin Stefano
Il Sindaco gli risponde che il disinteresse dimostrato nei confronti della famiglia non gli dà diritto ad alcuna briciola di eredità.
Al Sig. Marcolin Stefano 29 settembre 1913
S. Paulo del Brasile
Comunicata la vostra lettera a vostro fratello Antonio, ecco quanto ha dichiarato in risposta.
Quando voi partiste per l’America la famiglia non possedeva nulla, tuttavia vi fornì il denaro necessario cio £. 490 facendo un debito che poi pagò senza il vostro concorso. Voi avevate promesso di dare subito vostre notizie e, potendo, mandar aiuti; invece non vi siete mai più fatto vivo. Tre anni dopo il Governo assegnò alla famiglia 4 campi del Bosco montello sui quali voi non avete alcun diritto perchè avevate abbandonato l’Italia e la vostra famiglia, ed ora sono stati divisi da R. Notaio in questo modo: 2 campi al padre, uno al vostro fratello Antonio, mezzo al figlio del defunto vostro fratello Francesco e mezzo alla sorella Giuditta. I Vostri genitori sono vivi entrambi, ma molto vecchi e infermi, e sono assistiti e curati da vostro fratello Antonio che ha anche a carico due nipoti, orfani dei vostri fratelli.
Vostro fratello vi ha mandato diverse volte delle lettere per mezzo di conoscenti che ve le consegnarono, ma voi non vi siete mai curato nè di lui nè dei vostri vecchi genitori.
Come potete ora pretendere una parte della loro sostanza che non vi spetta se non in caso che vi resti in eredità da vostro padre?
Il Sindaco
Malgrado i suoi limiti anche la riforma del Montello ha un suo benefico influsso sullo sviluppo economico sociale del territorio montelliano: ha allentato la tensione sociale fra la popolazione che viveva praticamente fuori dalla legge e ha aumentato la schiera dei piccoli proprietari, una classe che sta all’origine di gran parte del “miracolo veneto”.