Gli anni '80
In
Italia
Gli anni ‘80 vedono, dal punto di vista politico, un progressivo declino elettorale del PCI, favorito anche dalla crisi del comunismo mondiale, che sfocerà nella sua fine e nella nascita del Partito democratico della sinistra (PDS). Diversa sorte tocca invece al PSI che, rivestitosi di un carattere decisamente anticomunista, vede sorgere l’astro del suo segretario Bettino Craxi, che occupa la carica di Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987 dominando la vita politica nazionale.
In questo decennio si assiste all’attenuarsi del fenomeno del terrorismo, ma all’affermarsi in modo più radicato di altre forme di criminalità organizzata, in primis quella della mafia diventata, grazie ai profitti del commercio dell’eroina e all’accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati alla Sicilia, una sorta di antistato criminoso.
Infine bisogna sottolineare come il governo Craxi, con il suo stringere legami col sottobosco politico-affaristico e con l’uso disinvolto del denaro pubblico e dei finanziamenti illeciti dei privati per i bisogni di partito, getti in questo periodo le basi per lo scandalo di Tangentopoli degli anni ‘90.
Dal punto di vista economico negli anni ‘80 si ha un ritorno ad una fase di buona crescita determinata, anche da rilevanti innovazioni tecnologiche, non priva però di aspetti negativi quali l’elevato tasso di disoccupazione, la quasi completa dipendenza dalle importazioni petrolifere, l’aumento del debito pubblico e il problema del Mezzogiorno.
Ruolo fondamentale in questa ripresa ha lo spirito di iniziativa di una miriade di piccole imprese sparse nel territorio italiano (in particolare del Centro-Nord) che costituiscono la cosiddetta “economia sommersa”.
Gli anni ‘80 vedono, dal punto di vista politico, un progressivo declino elettorale del PCI, favorito anche dalla crisi del comunismo mondiale, che sfocerà nella sua fine e nella nascita del Partito democratico della sinistra (PDS). Diversa sorte tocca invece al PSI che, rivestitosi di un carattere decisamente anticomunista, vede sorgere l’astro del suo segretario Bettino Craxi, che occupa la carica di Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987 dominando la vita politica nazionale.
In questo decennio si assiste all’attenuarsi del fenomeno del terrorismo, ma all’affermarsi in modo più radicato di altre forme di criminalità organizzata, in primis quella della mafia diventata, grazie ai profitti del commercio dell’eroina e all’accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati alla Sicilia, una sorta di antistato criminoso.
Infine bisogna sottolineare come il governo Craxi, con il suo stringere legami col sottobosco politico-affaristico e con l’uso disinvolto del denaro pubblico e dei finanziamenti illeciti dei privati per i bisogni di partito, getti in questo periodo le basi per lo scandalo di Tangentopoli degli anni ‘90.
Dal punto di vista economico negli anni ‘80 si ha un ritorno ad una fase di buona crescita determinata, anche da rilevanti innovazioni tecnologiche, non priva però di aspetti negativi quali l’elevato tasso di disoccupazione, la quasi completa dipendenza dalle importazioni petrolifere, l’aumento del debito pubblico e il problema del Mezzogiorno.
Ruolo fondamentale in questa ripresa ha lo spirito di iniziativa di una miriade di piccole imprese sparse nel territorio italiano (in particolare del Centro-Nord) che costituiscono la cosiddetta “economia sommersa”.
Nel distretto di Montebelluna
Dal punto di visto politico-amministrativo il distretto di Montebelluna rivela notevoli contraddizioni: in alcuni comuni la vita amministrativa vive un’intensa stagione di opere, in altri attraversa lunghi periodi di semiparalisi amministrativa a causa della rissosità della DC.
Il partito di maggioranza relativa si dimostra inoltre incapace di elaborare soluzioni che abbiano una visione sovracomunale della realtà. Anche le amministrazioni più attive stentano (o non hanno gli strumenti per operare) a svincolarsi dalla logica prettamente elettoralistica di acconsentire alle richieste di qualsiasi campanile.
E ciò accade in un’epoca in cui i problemi, soprattutto di carattere economico, sfuggono sempre più al controllo locale e risentono degli effetti del villaggio globale.
Le stagioni del calzaturiero sono scandite non più solo dalla neve,ma dalla concorrenza dei paesi emergenti (1980-82), dal calo del dollaro (1986: che favorisce i paesi dell’Estremo Oriente), e dal crollo della borsa in tutto il mondo (1987) che ridimensionando i redditi ha ripercussioni negative sui consumi.
Dal punto di visto politico-amministrativo il distretto di Montebelluna rivela notevoli contraddizioni: in alcuni comuni la vita amministrativa vive un’intensa stagione di opere, in altri attraversa lunghi periodi di semiparalisi amministrativa a causa della rissosità della DC.
Il partito di maggioranza relativa si dimostra inoltre incapace di elaborare soluzioni che abbiano una visione sovracomunale della realtà. Anche le amministrazioni più attive stentano (o non hanno gli strumenti per operare) a svincolarsi dalla logica prettamente elettoralistica di acconsentire alle richieste di qualsiasi campanile.
E ciò accade in un’epoca in cui i problemi, soprattutto di carattere economico, sfuggono sempre più al controllo locale e risentono degli effetti del villaggio globale.
Le stagioni del calzaturiero sono scandite non più solo dalla neve,ma dalla concorrenza dei paesi emergenti (1980-82), dal calo del dollaro (1986: che favorisce i paesi dell’Estremo Oriente), e dal crollo della borsa in tutto il mondo (1987) che ridimensionando i redditi ha ripercussioni negative sui consumi.
Dal 1979 al 1982 il Comune di Montebelluna acquista e in parte
restaura sei Ville venete: Villa Biagi, Villa Pisani, Barchessa Manin, Villa
Binetti, Villa Pullin e Casa Roncato, destinandole a sede di attività
socio-culturali. I privati restaurano Santa Maria in Colle. In seguito anche
Caerano San Marco, Crocetta sul Montello, Nervesa e Trevignano seguono
l’esempio di Montebelluna restaurando Ville Venete che vengono adibite ad
attività culturali.
La Cultura nel distretto
Il convegno dei Comuni del distretto del 15 marzo 1986 mette in rilievo le profonde trasformazioni avvenute in campo culturale. Ogni comune ha una biblioteca pubblica, vi sono 5 Musei: 2 a Montebelluna, 1 a Crocetta e 1 a Nervesa.
Il convegno dei Comuni del distretto del 15 marzo 1986 mette in rilievo le profonde trasformazioni avvenute in campo culturale. Ogni comune ha una biblioteca pubblica, vi sono 5 Musei: 2 a Montebelluna, 1 a Crocetta e 1 a Nervesa.
Associazioni Culturali divise per settori
di attività e loro responsabili
Nonostante la
cultura sia considerata spesso un lusso e vista con indifferenza, si
moltiplicano in tutto il distretto le iniziative culturali. Mostre, concerti,
rappresentazioni teatrali vedono la partecipazione crescente di cittadini
appartenenti alle più diverse categorie sociali.
Il Circolo “La Pieve” con Gregorio Piaia, Lorenzo Verbano, Giorgio De Bortoli, Mario Berzioli, Claudia Bramezza, Virgilio Dominoni, Sergio Rizzotto e Tito Pillonetto diventa un attore stimolante sulla scena culturale della città.
Il Circolo “La Pieve” con Gregorio Piaia, Lorenzo Verbano, Giorgio De Bortoli, Mario Berzioli, Claudia Bramezza, Virgilio Dominoni, Sergio Rizzotto e Tito Pillonetto diventa un attore stimolante sulla scena culturale della città.
A Lino Bianchi Barriviera, nato a Montebelluna e
considerato uno dei più grandi incisori italiani del ‘900, vengono dedicate due
mostre: nel 1981 e nel 1989, quest’ultima ricompensata da parte delle sorelle
del grande artista con una cospicua donazione di incisioni e di disegni che
dovrebbero costituire la prima sala della futura pinacoteca comunale a suo
tempo ipotizzata dall’Amministrazione in Barchessa Manin. Il risveglio delle
Arti Figurative vede in prima linea l’Accademia Montelliana con Gilberta ed
Emilia Bianchin,Aldo Durante e gli artisti Ottorino Stefani, Roberto Poloni,
Alda Boscaro, Danilo Soligo e Otello Rosa.
Attivà sportive
Il ventennio 1970 - 1990 rappresenta il periodo in cui il distretto di Montebelluna si arricchisce di strutture che permettono di praticare quasi tutti gli sport. Accanto all’iniziativa pubblica, consistente (soprattutto nella gestione delle attività) la collaborazione delle associazioni sportive.
Attivà sportive
Il ventennio 1970 - 1990 rappresenta il periodo in cui il distretto di Montebelluna si arricchisce di strutture che permettono di praticare quasi tutti gli sport. Accanto all’iniziativa pubblica, consistente (soprattutto nella gestione delle attività) la collaborazione delle associazioni sportive.
La crisi
‘80-82 e la terza
diversificazione produttiva
Il calzaturiero montebellunese chiude gli anni ‘70 con un bilancio lusinghiero: 511 aziende, 12.000 addetti e un reddito pro capite fra i più alti d’Italia, tanto da guadagnarsi una citazione sulla rivista Newsweek.
Ma già nei primi mesi del 1980 si cominciano ad avvertire i primi segnali di crisi: la domanda cala improvvisamente, dopo 20 anni di costante e continua crescita, e coglie di sorpresa un po' tutti i produttori di scarponi da sci, doposci e scarpe da fondo, che non avevano mai pensato di ridurre le quantità prodotte.
1981 Le cifre oramai sono in rosso. Gli addetti diminuiscono di oltre 2.000 unità. Le seguenti aziende (tra parentesi il numero degli addetti), chiudono i battenti:
Tecnisport (120), Ortles (60), Morlin (19), Stellina (20), Flavor (40), Gaben (40), Beccia (40), Munari (220), Renard (40), Kaamer (50), S.Marco (170), Erredi (18), Gamma (20), Garmont (320), Poloni (63), Zermatt (120).
(Fonte: Museo dello Scarpone)
Tali espulsioni si trasformano solo in parte in disoccupazione. Molti lavoratori vengono assunti in altri settori e nel calzaturiero stesso, ma in forme non controllabili. Si assiste ad un assestamento di notevoli proporzioni verso il basso del mercato.
Non si tratta di un fulmine a ciel sereno: le difficoltà serpeggiavano da tempo. Nel 1978 la crisi energetica, che porta ad un aumento del prezzo del petrolio, genera inflazione e aumento dei costi delle materie prime fondamentali per la produzione del “tutto plastica”. In più ci si mette anche il tempo: il biennio ‘81 - ‘82 è caratterizzato da precipitazioni nevose particolarmente scarse.
Sono due stagioni che in America non nevica, e questo ci ha danneggiato non poco. In più, come tutti i paesi occidentali stiamo attraversando una crisi economica che induce la gente a risparmiare sui prodotti non di prima necessità. Io non vedo un futuro roseo, e anzi penso che il fondo dobbiamo ancora toccarlo, probabilmente alla fine dell’anno prossimo. Intanto bisogna sperare che quest’inverno nevichi dove conviene, poi c’è da aspettare la ripresa economica.(Giancarlo Zanatta, Sciare 1981)
A crescere sembra essere solo la concorrenza per gli scarponi da sci da parte dei Paesi dell’Europa Centrale (Germania, Svizzera, Austria), che utilizzano le stesse tecnologie dei produttori montebellunesi, ma che possono contare su di un più facile accesso al credito e su agevolazioni per l’attività di promozione e di esportazione, cosa questa sempre auspicata dai produttori italiani e sempre negata dalla politica industriale governativa.
Il calzaturiero montebellunese chiude gli anni ‘70 con un bilancio lusinghiero: 511 aziende, 12.000 addetti e un reddito pro capite fra i più alti d’Italia, tanto da guadagnarsi una citazione sulla rivista Newsweek.
Ma già nei primi mesi del 1980 si cominciano ad avvertire i primi segnali di crisi: la domanda cala improvvisamente, dopo 20 anni di costante e continua crescita, e coglie di sorpresa un po' tutti i produttori di scarponi da sci, doposci e scarpe da fondo, che non avevano mai pensato di ridurre le quantità prodotte.
1981 Le cifre oramai sono in rosso. Gli addetti diminuiscono di oltre 2.000 unità. Le seguenti aziende (tra parentesi il numero degli addetti), chiudono i battenti:
Tecnisport (120), Ortles (60), Morlin (19), Stellina (20), Flavor (40), Gaben (40), Beccia (40), Munari (220), Renard (40), Kaamer (50), S.Marco (170), Erredi (18), Gamma (20), Garmont (320), Poloni (63), Zermatt (120).
(Fonte: Museo dello Scarpone)
Tali espulsioni si trasformano solo in parte in disoccupazione. Molti lavoratori vengono assunti in altri settori e nel calzaturiero stesso, ma in forme non controllabili. Si assiste ad un assestamento di notevoli proporzioni verso il basso del mercato.
Non si tratta di un fulmine a ciel sereno: le difficoltà serpeggiavano da tempo. Nel 1978 la crisi energetica, che porta ad un aumento del prezzo del petrolio, genera inflazione e aumento dei costi delle materie prime fondamentali per la produzione del “tutto plastica”. In più ci si mette anche il tempo: il biennio ‘81 - ‘82 è caratterizzato da precipitazioni nevose particolarmente scarse.
Sono due stagioni che in America non nevica, e questo ci ha danneggiato non poco. In più, come tutti i paesi occidentali stiamo attraversando una crisi economica che induce la gente a risparmiare sui prodotti non di prima necessità. Io non vedo un futuro roseo, e anzi penso che il fondo dobbiamo ancora toccarlo, probabilmente alla fine dell’anno prossimo. Intanto bisogna sperare che quest’inverno nevichi dove conviene, poi c’è da aspettare la ripresa economica.(Giancarlo Zanatta, Sciare 1981)
A crescere sembra essere solo la concorrenza per gli scarponi da sci da parte dei Paesi dell’Europa Centrale (Germania, Svizzera, Austria), che utilizzano le stesse tecnologie dei produttori montebellunesi, ma che possono contare su di un più facile accesso al credito e su agevolazioni per l’attività di promozione e di esportazione, cosa questa sempre auspicata dai produttori italiani e sempre negata dalla politica industriale governativa.
“Negli anni del boom economico, e
soprattutto dell’esplosione dello sci, la quasi totalità delle aziende si è
sovrastrutturata più che proporzionalmente: ci fu un eccessivo ottimismo non
sempre supportato da ricerche di marketing e pianificazioni commerciali.
Consideriamo, ancora, che in pochi anni si sono raggiunti livelli esasperati
sul piano tecnologico e i tempi di ammortamento degli impianti si sono dilatati
con un aggravio dei costi”. (Paolo Costa, Caber, da Sciare 1 ottobre 1981)
Spagna, Est europeo, Sud Est Asiatico, sfruttando il basso costo della manodopera si rendono temibili nella produzione di doposci, che non richiede tecnologie molto complicate o alti investimenti iniziali.
I prodotti di qualità dei paesi a tecnologia avanzata da un lato, i prodotti a basso costo del lavoro dall’altro, sembrano far perdere la competitività delle aziende montebellunesi, mentre si configurano tendenze neo protezionistiche da parte dei principali paesi importatori.
Chi risente meno della crisi è la Nordica: con quasi 800 dipendenti, 1 milione e mezzo di paia di scarponi all’anno più mezzo milione di doposci (90% esportato), un fatturato di 56 miliardi nelle cifre dell’ultimo bilancio, è il primo produttore mondiale del settore e può permettersi di guardare la delicata situazione con distacco. “Abbiamo venduto quanto l’anno scorso, risentiamo di una recessione, ma è tutto qui. D’altra parte non si può ipotizzare che il mercato sia sempre in espansione”. (Fonte: Sciare)
Spagna, Est europeo, Sud Est Asiatico, sfruttando il basso costo della manodopera si rendono temibili nella produzione di doposci, che non richiede tecnologie molto complicate o alti investimenti iniziali.
I prodotti di qualità dei paesi a tecnologia avanzata da un lato, i prodotti a basso costo del lavoro dall’altro, sembrano far perdere la competitività delle aziende montebellunesi, mentre si configurano tendenze neo protezionistiche da parte dei principali paesi importatori.
Chi risente meno della crisi è la Nordica: con quasi 800 dipendenti, 1 milione e mezzo di paia di scarponi all’anno più mezzo milione di doposci (90% esportato), un fatturato di 56 miliardi nelle cifre dell’ultimo bilancio, è il primo produttore mondiale del settore e può permettersi di guardare la delicata situazione con distacco. “Abbiamo venduto quanto l’anno scorso, risentiamo di una recessione, ma è tutto qui. D’altra parte non si può ipotizzare che il mercato sia sempre in espansione”. (Fonte: Sciare)
Le aziende
del distretto montebellunese, per far fronte alle correnti voci di spesa, data
anche la forte stagionalità produttiva, devono fare ricorso al credito per
diversi mesi all’anno e scaricare poi il peso degli interessi passivi sui
prezzi dei prodotti.
Salomon, che produceva unicamente attacchi da sci, lancia sul mercato il primo scarpone a calzata posteriore. In realtà a Montebelluna Sidi, Alpinestars e Dolomite avevano proposto l’entrata posteriore negli anni ‘60, ma i tempi non erano ancora maturi per questa innovazione.
La calzata posteriore ha successo: migliora notevolmente il comfort dell’attrezzo, lo rende più facilmente calzabile, ne aumenta la impermeabilità e consente un più agevole allacciamento e slacciamento, dato che viene ridotto il numero dei ganci che vengono sostituiti solitamente con dei cavi di metallo, a vista o incorporati nella struttura in plastica.
Nel giro di pochi anni tutti i produttori introducono nei loro assortimenti dei modelli a calzata posteriore.
A metà degli anni ‘80, lo scarpone da sci montebellunese riprende quota.
“Le ditte austriache sono in difficoltà e noi abbiamo recuperato il terreno perduto, a loro favore, alcuni anni fa. La concorrente che deve preoccupare è soprattutto la Salomon che sta offrendo una gamma completa che comprende anche le fasce mediobasse”. (Alessandro Dal Bello - Osem 1986)
Più dura la vita per le scarpe sportive.
“Col dollaro a 1.300 le nostre scarpe ad iniezione non sono più competitive: la situazione si farà difficile per i tipi di calzatura che hanno meno tecnologia. L’invernale garantisce di più, ma è più legato alla variabile tempo”(Pierluigi Danieli - Osem 1986)
“In Corea e Taiwan i costi sono inferiori del 20 - 40 % e corrispondono alla svalutazione del dollaro nell’ultimo anno e mezzo. In linea generale l’internazionalizzazione del settore proseguirà, a causa degli alti costi del lavoro. Un 50 % del lavoro arriveremo a farlo eseguire nei paesi emergenti (A Montebelluna un minuto di lavoro costa 250 lire). Abbiamo raggiunto il massimo, la crisi è un fenomeno ineluttabile. Per i nostri giovani il futuro sarà: o tecnici o disoccupati. Purtroppo la scuola è in grave ritardo”.(Renzo Castellani - Riko Sport - Osem 1986)
“Il costo della manodopera è salito dell’otto per cento mentre l’inflazione galoppa al quattro per cento. I prezzi quindi corrono più in fretta dell’inflazione. E non si vende all’estero, per cui il danno è doppio. E se consideriamo che per produrre servono materie prime che regolarmente importiamo dall’estero, il quadro è dei più inquietanti.” (Sergio Caberlotto - Lotto -Il mercato - giugno 1987)
Gli anni 1986 - 87 - 88 sono caratterizzati da inverni mitissimi. I comparti neve soffrono, in particolare il doposci.
“Il crollo del doposci sembra ormai irreversibile. Per il terzo anno consecutivo il comparto ha sofferto abbondanti emorragie. Un primo dato significativo: le ditte produttrici che nel 1988 erano 65, quest’anno si sono ridotte a 50, ma solo 19 hanno avuto una produzione con più di 50.000 paia. Rispetto al 1988 la produzione è scesa del 60.01 % e il fatturato del 52.20 %. Particolarmente il primo segmento (prezzo medio fino a 15.000 lire) ha subito un vero tracollo.”
(Fonte: Osem 1988)
La scarpa da trekking
Il crollo del doposci, 200 miliardi in tre anni, viene assorbito con una rapida diversificazione produttiva: a partire dal 1987 è il caro vecchio scarpone che tira fuori dal pantano decine di produttori.
La pedula leggera subisce una vera metamorfosi: diventa più leggera e colorata rispetto alle severe scarpe da montagna dei nostri nonni, e viene battezzata scarpa da trekking.
“Per questo comparto si deve parlare di un vero e proprio boom. La produzione ha fatto un balzo del 49.67 % e il fatturato del 38.04 %. Le premesse c’erano già tutte l’anno scorso e i pronostici sono stati sostanzialmente rispettati”.(Fonte:Osem 1989)
Il declino del doposci non è solo una questione di neve. Il suo ridimensionamento (non la sua scomparsa) è dovuto a un mutamento culturale. Periodicamente le scarpe “ sportive” diventano scarpe “ quotidiane”: un prodotto inventato per praticare uno sport viene usato per tutti i giorni e non è raro che assuma i connotati di “ trasgressione” o di “ culto”.
Negli anni ‘60 la scarpa da tennis, abbinata ai jeans, è una specie di divisa generazionale: la domanda cresce. Ad un certo punto il vento della moda cambia e la scarpa da tennis, non più “in” , ritorna nei campi da gioco.
Così la fortuna del trekking non è spiegata dal solo aumento degli appassionati della montagna. La pedula leggera diventa scarpa casual, multiuso ( spesso sostituisce il doposci sui campi da neve) e assume il ruolo che negli anni ‘60 ha avuto la scarpa da tennis.
Da qualche anno i mutamenti culturali, legati alle generazioni, si sono accelerati. Per produrre le scarpe giuste, quelle volute dal mercato, non basta più essere bravi calzolai, occorre essere sociologi, psicologi, esperti in costume. In pochi mesi un colore, una forma, un accessorio, possono riempire o svuotare i magazzini, possono segnare la fortuna o il tracollo di un’azienda.
Nella società tradizionale i cambiamenti erano così lenti che si aveva l’impressione che nulla si evolvesse. Oggi tutto cambia così in fretta che i tempi per produrre diventano sempre più prossimi a quelli del pronto moda.
Salomon, che produceva unicamente attacchi da sci, lancia sul mercato il primo scarpone a calzata posteriore. In realtà a Montebelluna Sidi, Alpinestars e Dolomite avevano proposto l’entrata posteriore negli anni ‘60, ma i tempi non erano ancora maturi per questa innovazione.
La calzata posteriore ha successo: migliora notevolmente il comfort dell’attrezzo, lo rende più facilmente calzabile, ne aumenta la impermeabilità e consente un più agevole allacciamento e slacciamento, dato che viene ridotto il numero dei ganci che vengono sostituiti solitamente con dei cavi di metallo, a vista o incorporati nella struttura in plastica.
Nel giro di pochi anni tutti i produttori introducono nei loro assortimenti dei modelli a calzata posteriore.
A metà degli anni ‘80, lo scarpone da sci montebellunese riprende quota.
“Le ditte austriache sono in difficoltà e noi abbiamo recuperato il terreno perduto, a loro favore, alcuni anni fa. La concorrente che deve preoccupare è soprattutto la Salomon che sta offrendo una gamma completa che comprende anche le fasce mediobasse”. (Alessandro Dal Bello - Osem 1986)
Più dura la vita per le scarpe sportive.
“Col dollaro a 1.300 le nostre scarpe ad iniezione non sono più competitive: la situazione si farà difficile per i tipi di calzatura che hanno meno tecnologia. L’invernale garantisce di più, ma è più legato alla variabile tempo”(Pierluigi Danieli - Osem 1986)
“In Corea e Taiwan i costi sono inferiori del 20 - 40 % e corrispondono alla svalutazione del dollaro nell’ultimo anno e mezzo. In linea generale l’internazionalizzazione del settore proseguirà, a causa degli alti costi del lavoro. Un 50 % del lavoro arriveremo a farlo eseguire nei paesi emergenti (A Montebelluna un minuto di lavoro costa 250 lire). Abbiamo raggiunto il massimo, la crisi è un fenomeno ineluttabile. Per i nostri giovani il futuro sarà: o tecnici o disoccupati. Purtroppo la scuola è in grave ritardo”.(Renzo Castellani - Riko Sport - Osem 1986)
“Il costo della manodopera è salito dell’otto per cento mentre l’inflazione galoppa al quattro per cento. I prezzi quindi corrono più in fretta dell’inflazione. E non si vende all’estero, per cui il danno è doppio. E se consideriamo che per produrre servono materie prime che regolarmente importiamo dall’estero, il quadro è dei più inquietanti.” (Sergio Caberlotto - Lotto -Il mercato - giugno 1987)
Gli anni 1986 - 87 - 88 sono caratterizzati da inverni mitissimi. I comparti neve soffrono, in particolare il doposci.
“Il crollo del doposci sembra ormai irreversibile. Per il terzo anno consecutivo il comparto ha sofferto abbondanti emorragie. Un primo dato significativo: le ditte produttrici che nel 1988 erano 65, quest’anno si sono ridotte a 50, ma solo 19 hanno avuto una produzione con più di 50.000 paia. Rispetto al 1988 la produzione è scesa del 60.01 % e il fatturato del 52.20 %. Particolarmente il primo segmento (prezzo medio fino a 15.000 lire) ha subito un vero tracollo.”
(Fonte: Osem 1988)
La scarpa da trekking
Il crollo del doposci, 200 miliardi in tre anni, viene assorbito con una rapida diversificazione produttiva: a partire dal 1987 è il caro vecchio scarpone che tira fuori dal pantano decine di produttori.
La pedula leggera subisce una vera metamorfosi: diventa più leggera e colorata rispetto alle severe scarpe da montagna dei nostri nonni, e viene battezzata scarpa da trekking.
“Per questo comparto si deve parlare di un vero e proprio boom. La produzione ha fatto un balzo del 49.67 % e il fatturato del 38.04 %. Le premesse c’erano già tutte l’anno scorso e i pronostici sono stati sostanzialmente rispettati”.(Fonte:Osem 1989)
Il declino del doposci non è solo una questione di neve. Il suo ridimensionamento (non la sua scomparsa) è dovuto a un mutamento culturale. Periodicamente le scarpe “ sportive” diventano scarpe “ quotidiane”: un prodotto inventato per praticare uno sport viene usato per tutti i giorni e non è raro che assuma i connotati di “ trasgressione” o di “ culto”.
Negli anni ‘60 la scarpa da tennis, abbinata ai jeans, è una specie di divisa generazionale: la domanda cresce. Ad un certo punto il vento della moda cambia e la scarpa da tennis, non più “in” , ritorna nei campi da gioco.
Così la fortuna del trekking non è spiegata dal solo aumento degli appassionati della montagna. La pedula leggera diventa scarpa casual, multiuso ( spesso sostituisce il doposci sui campi da neve) e assume il ruolo che negli anni ‘60 ha avuto la scarpa da tennis.
Da qualche anno i mutamenti culturali, legati alle generazioni, si sono accelerati. Per produrre le scarpe giuste, quelle volute dal mercato, non basta più essere bravi calzolai, occorre essere sociologi, psicologi, esperti in costume. In pochi mesi un colore, una forma, un accessorio, possono riempire o svuotare i magazzini, possono segnare la fortuna o il tracollo di un’azienda.
Nella società tradizionale i cambiamenti erano così lenti che si aveva l’impressione che nulla si evolvesse. Oggi tutto cambia così in fretta che i tempi per produrre diventano sempre più prossimi a quelli del pronto moda.
Abbigliamento
Abbigliamento sportivo, fino agli anni ‘80, vuol dire soprattutto Benetton.
Negli anni ‘80 la strategia di vestire atleta e consumatore dalla testa ai piedi porta le aziende calzaturiere montebellunesi ad interessarsi massicciamente di abbigliamento.
Nel 1988, su un fatturato di 998 miliardi, 99 miliardi (un decimo del totale) spettano all’abbigliamento e agli accessori.
Nel 1989 il fatturato cresce del 37,17%.
Nel 1995 la produzione di tute, magliette, borse, accessori vari supera i 300 mila
Iniziative Anticrisi
Il 24 aprile 1976 il Comune di Montebelluna organizza una prima Conferenza Economica sullo sviluppo e l’occupazione del comprensorio, seguita da una seconda nel maggio del 1980, in piena crisi che sconvolge il distretto.
Con fatica si giunge alla creazione (1982) di un Consorzio (CAM): (Calzaturieri Associati Montebelluna). Esso svolge attività promozionale, organizza la partecipazione delle aziende alle fiere specializzate del settore e dovrebbe, inoltre, rappresentare nel mondo l’universo calzaturiero montebellunese, compito questo assai difficile visto l’esiguo numero di aziende che vi aderiscono .
Un’altra iniziativa è un progetto del CEDART, centro di elaborazione dati costituito nell’ambito dell’Associazione Artigiani della Marca Trevigiana, per la realizzazione di una efficiente rete informativa e di consulenza alle aziende al fine di ottimizzare la gestione interna e di godere delle agevolazioni di finanziamento disponibili.
Promossa dal Comune di Montebelluna e dalle associazioni di categoria, nel 1985 nasce la STAS (Società Trevigiana di Articoli Sportivi), con lo scopo di fornire servizi reali a piccole e medie imprese del distretto. La Stas avvia diversi progetti, alcuni li realizza, soprattutto in campo formativo, ma lo scetticismo delle imprese fa naufragare il tutto.
Nel 1993 la Stas chiuse in battenti e tutto il suo patrimonio viene devoluto alla Fondazione Museo dello Scarpone e della Calzatura Sportiva.
Abbigliamento sportivo, fino agli anni ‘80, vuol dire soprattutto Benetton.
Negli anni ‘80 la strategia di vestire atleta e consumatore dalla testa ai piedi porta le aziende calzaturiere montebellunesi ad interessarsi massicciamente di abbigliamento.
Nel 1988, su un fatturato di 998 miliardi, 99 miliardi (un decimo del totale) spettano all’abbigliamento e agli accessori.
Nel 1989 il fatturato cresce del 37,17%.
Nel 1995 la produzione di tute, magliette, borse, accessori vari supera i 300 mila
Iniziative Anticrisi
Il 24 aprile 1976 il Comune di Montebelluna organizza una prima Conferenza Economica sullo sviluppo e l’occupazione del comprensorio, seguita da una seconda nel maggio del 1980, in piena crisi che sconvolge il distretto.
Con fatica si giunge alla creazione (1982) di un Consorzio (CAM): (Calzaturieri Associati Montebelluna). Esso svolge attività promozionale, organizza la partecipazione delle aziende alle fiere specializzate del settore e dovrebbe, inoltre, rappresentare nel mondo l’universo calzaturiero montebellunese, compito questo assai difficile visto l’esiguo numero di aziende che vi aderiscono .
Un’altra iniziativa è un progetto del CEDART, centro di elaborazione dati costituito nell’ambito dell’Associazione Artigiani della Marca Trevigiana, per la realizzazione di una efficiente rete informativa e di consulenza alle aziende al fine di ottimizzare la gestione interna e di godere delle agevolazioni di finanziamento disponibili.
Promossa dal Comune di Montebelluna e dalle associazioni di categoria, nel 1985 nasce la STAS (Società Trevigiana di Articoli Sportivi), con lo scopo di fornire servizi reali a piccole e medie imprese del distretto. La Stas avvia diversi progetti, alcuni li realizza, soprattutto in campo formativo, ma lo scetticismo delle imprese fa naufragare il tutto.
Nel 1993 la Stas chiuse in battenti e tutto il suo patrimonio viene devoluto alla Fondazione Museo dello Scarpone e della Calzatura Sportiva.