Aldo Durante
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La nuova Montebelluna

Con il trasporto del mercato dal monte al piano, Montebelluna muta radicalmente il suo aspetto urbanistico: non è più un insieme di borghi sparsi per la campagna, ma ha un centro definito da un piano regolatore: un fatto rivoluzionario per una piccola città dell’epoca.
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1872: La nuova Montebelluna in costruzione.
Anche la sua composizione sociale ha subito profonde trasformazioni.
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Montebelluna 1873

Abitanti : 8.000 1 ufficio postale 1 ufficio telegrafico

1 avvocato

2 commissionari

20 osti

1 chincagliere

1 notaio

5 sensali

2 negozianti di vino

1 vend. di ferramenta

2 ingegneri

3 az. di assicurazioni

6 rivend. sale-tabacchi

1 orologiaio

4 medici

1 venditore di agrumi

1 rivenditore stracci

3 capi mastri

3 farmacisti

7 fornai

1 rivend. filati di lino

5 fornaci di mattoni

1 veterinario

8 negozianti

7 filande di seta

1 imbianchino

2 maniscalchi

3 droghieri

15 sarti per uomo

100 condutt. di terreno

2 levatrici

3 macellai

4 sarte per donna

4 venditori di legna

6 maestre

9 pizzicagnoli

2 negozianti di stoffe

55 calzolai

3 albergatori

1 venditore di pollami

6 tintori

3 bottai e mastellai

1 caffè restaurant

5 venditori di gazzose

11 barbieri

7 calderai

1 cambiavalute

5 liquoristi

1 cartolaio

29 falegnami

4 rivenditori di ghiaccio

10 mugnai

1 venditore di pellame

2 armaioli

1 disegnatore

1 tipografo

2 neg. di semi di bachi

11 fabbri

(Fonte: Museo dello scarpone)

Montebelluna resta un grosso centro agricolo, ma dotato di alcuni servizi come l’ufficio postale e quello telegrafico. I rappresentanti della sua borghesia (ingegneri, avvocato, medici, farmacisti etc.) non sono legati esclusivamente al mercato. La qualità della vita è migliorata se vi trovano lavoro 15 sarti per uomo e 4 sarte per donna. Certo il divertimento principale è andare all’osteria (20), ma per i più esigenti c’è il Caffè Restaurant.

E’ cresciuto il numero delle persone che sanno leggere e ciò giustifica la presenza di una tipografia. Anzi, a Montebelluna si stampa un Bollettino: Il Mercato.
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Nel dolore il vero conforto più che nella medicina era cercato nella fede. Villa Zuccareda Binetti: Le figlie di Maria
Il Colera

maggio 1886
Il dottor Conte denuncia che Guadagnin Felice e Favero Francesco detto Gobbo presentano i sintomi di colera asiatico: afonia, vomito, diarrea, crampi di stomaco, occhiaie infossate, sete insaziabile, senso di freddo . . .

21 giugno 1886   
I colerosi sono 40, i morti già 13. Il Comune ha le casse vuote.

27 giugno 1886    
Il sindaco Pietro Bertolini minaccia le dimissioni se il Governo non interviene. “Se non si disinfetta e non si brucia la roba infetta la beneficenza governativa servirà solo a seppellire i morti”.
Si allestisce un lazzaretto. Il personale paramedico è costituito da due stradini comunali, spesso ubriachi.
Vengono istituite le cucine economiche per far da mangiare ai poveri: un fallimento. Il pregiudizio popolare contro il servizio pubblico fa sì che ogni giorno tutte le razioni, gratuite, vengano gettate.Si decide quindi di somministrare ai bisognosi carne e pane. I fondi comunali presto si esauriscono.

7 agosto 1886   
I sindaci del distretto ricorrono al Governo e chiedono di poter utilizzare i fondi stanziati per la pellagra per combattere il colera. Impossibile, i fondi in questione servono per incrementare le cucine economiche . . .

30 agosto 1886   
L’epidemia cessa: A Montebelluna, su 9.008 abitanti, i colpiti sono stati 263, i morti 140. Nel distretto i casi sono stati 1.171 con 519  morti: uno dei più bersagliati della provincia.
In temporibus illis
co’ Ceco Bepe
baea l’Apocalise
a ritmo de Strauss
tut l’an jera quaresema
ogni dì de magro
conzha de trista zhenare
na longa passion
parchè el poch de uncuò
bastasse ‘nca par doman
e tira su el gran de ua
a fregoeta de pan
e gramoea ben
a crosta coi denti
e grata a tecia
e tocia el piato
e ciuca l’os
e sparagna l’oio
fora ghi n’è ancora
na sfesa de lume
e rapezha col tacon
e meti via el fil el stizh
el ciodin el boton
che tut deventa bon.

 In quei tempi
quando Cecco Beppe
ballava l’Apocalisse
a ritmo di Strauss
tutto l’anno era quaresima
ogni giorno di magro
condito di amara cenere
una lunga passione
perchè il poco di oggi
bastasse anche per domani
e tira su il grano d’uva
la briciolina di pane
e mastica bene
la crosta coi denti
e gratta la teglia
e intingi nel piatto
e succhia l’osso
e risparmia l’olio
fuori c’è ancora
una fessura di luce
e rappezza con la toppa
e metti via il filo il pezzettino
il chiodino il bottone
che tutto diventa buono.

(A.D.
Dalmareboots)



Un avvenimento che rimarca la vivacità della nuova cittadina è la nascita della Banca Popolare che svolgerà un ruolo propulsivo essenziale nella crescita economica e sociale dei comuni montelliani..

1877   
Nasce la Banca Popolare. Il primo presidente é Gobbato Giovanni e il primo direttore il notaio Gio Batta Dall’Armi.

1892   
Viene promulgata la legge (detta Bertolini) che scioglie il nodo della questione montelliana. La Cassa Montelliana, gestita dalla Banca Popolare di Montebelluna aiuta i bisnenti in questo modo: concede anticipazioni con scadenza a 9 mesi per provvedere alla coltura delle terre e per acquistare scorte vive e morte.

1893
La Banca acquista alcuni locali del Palazzo Serena, in Corso Vittorio Emanuele, per adibirli a nuova sede.

1900        
Il Comune cede un’area di 844 metri alla Società Anonima Cooperativa del Teatro Sociale di Montebelluna affinchè costruisca una sala teatrale.

1909   
La Cooperativa in liquidazione cede gli immobili costruiti alla Banca Popolare che è vincolata a mantenere l’impegno di adattare una sala di metri quadrati 300 ad uso teatrale
Gli ultimi decenni  del secolo sono tutti un fioccare di novità: la ferrovia, l’acquedotto, la luce elettrica.

1 aprile 1884        
Si inaugura il tronco ferroviario Treviso-Montebelluna-Cornuda.

22  luglio 1886        
Si inaugura la ferrovia Padova-Montebelluna.

12 novembre 1886      
Si inaugura la ferrovia Treviso-Montebelluna-Belluno.

1900       
Il Consiglio delibera di dare esecuzione, in consorzio coi comuni di Caerano e Volpago, al progetto degli Ingegneri Monterumici e Saccol per la derivazione dell’acqua potabile dalla sorgente del Fener. (Poi Caerano si ritira).

1904    
Paolo Viganò, gerente della Società Elettrica Trevisana, sta ultimando l’impianto idro elettrico di Caerano. Per trasportare la sua energia nelle sedi di consumo di Treviso e Mestre è costretto a passare per Montebelluna. E’ sufficiente una derivazione delle sue condutture e il collocamento di qualche trasformatore per dare la luce elettrica a  Montebelluna.
All’alba del nuovo secolo i montebellunesi sognano un avvenire con gli aerei, i palloni, i dirigibili che volano sopra la piazza.
In attesa di tanto progresso i 10.234 abitanti usano come mezzi di trasporto: 327 cavalli, 157 asini, 21 muli, 150 vetture a cavalli.                           


novembre 1909    
Guido Dall’Armi viene multato di cinque lire perché ha violato l’art. 47 regolamento di polizia stradale vigente, infatti egli ha attraversato l’abitato di Crocetta con la vettura automobile numero 42-354 a corsa sfrenata da superare (e non di poco) i 12 Km/h.
Municipio e Banca Popolare di Montebelluna
Il treno esce dal tunnel
Inizi ‘900: Veduta aerea di Montebelluna
Inizi ‘900: Montebelluna del futuro
Uno straordinario carretto attraversa Montebelluna assolata e passa davanti al negozio Calzature Società Varese
Inizi ‘900: Tipografia a Motore Alvise Pulini e Figlio
Nel 1901 a Montebelluna circolano 40 biciclette. Per i bambini è un orgoglio essere immortalati in fotografia
I privilegiati sfrecciano in automobile o semplicemente posano.
3 novembre 1913: Inaugurazione Tramvie Elettriche
Durante l’età giolittiana (periodo tra il 1896 e il 1913), in Italia si assiste al decollo industriale: il reddito nazionale aumenta del 50%, quello pro-capite, frenato dal contemporaneo aumento della popolazione, del 30%. Il divario coi maggiori paesi industrializzati resta notevole (nel periodo 1911-13 il reddito italiano era circa 1/3  di quella USA e metà di quello francese e tedesco).
In generale, comunque, i progressi raggiunti dall’industria italiana sono di considerevole entità: il contributo dato dal settore secondario alla formazione del prodotto nazionale passa dal 19,6% del 1895 al 25% del 1914 (mentre quello dato dall’agricoltura scende dal 49,4% al 43%).
Nel settore tessile i maggiori progressi si registrano nell’industria cotoniera; in declino, invece, l’industria serica; ciò è dovuto alla concorrenza delle sete asiatiche più a buon prezzo,
all’insufficienza dei capitali investiti ed ai progressi dell’agricoltura che hanno sviato molti produttori dall’allevamento del baco da seta.
L’economia montebellunese resta prevalentemente agricola. Produce: 16.150 q.li di frumento; 50.000 q.li di granoturco; 2.400 ettolitri di vino; 20.000 Kg. di bozzoli e 100.000 uova. L’industria coi i suoi 10 mulini, 2 magli, 1 filanda bozzoli, 1 fabbrica di calzature, è ai suoi primi passi.
Un’industria di grandi dimensioni sorge a Crocetta, il Canapificio Veneto, che dà lavoro da diverse migliaia di  persone.


200 Laboratori


In quanto all’artigianato della calzatura, a detta dello storico Serena, conta all’inizio del secolo 200 laboratori: dunque una famiglia su otto a Montebelluna fa scarpe.

Mio nonno Sante Mazzarolo cominciò a fare il calzolaio, insieme a due fratelli all’inizio del ‘900. Produceva scarpe su misura. Acquistava le pelli al mercato. Allora erano conciate al vegetale, con il tannino, sostanza ricavata dal castagno. Nel 1910 mio nonno emigrò in California e poco dopo morì. Mio padre, rimasto orfano, iniziò pure lui a fare il calzolaio.
(Sante Mazzarolo, Alpinestars).


Nel 1901 Carlotta Mazzocato (una famiglia di scarperi da varie generazioni) sposa un Caberlotto. Marito e moglie organizzano una prima produzione di scarpe basata su un certo numero di calzolai che lavoravano su loro commissione a domicilio, aiutati da moglie e figli.
Siccome la paga era a cottimo, lavoravano anche 16-18 ore al giorno. Il lavoro era artigianale, tutto a mano. Il capitale pochissimo. Non c’erano ferie. La vendita era concentrata nei mesi autunnali. Il mezzo di trasporto era il carretto. (Giovanni Caberlotto, Lotto).

Inizio ‘900: Cotonifici italiani visti dall’aereo
1908: Pranzo sociale al canapificio di Crocetta: 3000 operai mangiano sotto l’ombrello.
Calzolai
1900 ca.: Villa Ancillotto - Filanda Marcato
La passione per la montagna fa aumentare la domanda di scarpe da roccia.Vengono organizzate gite ed escursioni su tutte le Alpi; ad esse partecipano migliaia di alpinisti.

Il Censimento del 1911 mette in rilievo come accanto alle industrie tradizionali che riguardano il contone e la seta, aumenti il numero degli opifici in cui si fabbricano scarpe.


Opifici e imprese con più di 25 operai

1- Bas Augusto Filatura di cascami di cotone (89 operai) Via Villette

2 - Bassi Demetrio Direttore dello stabilimento (Filatura e torcitura di cotone greggio) della ditta Cotonifici Trevigiani (259 operai) Via Villette

3 - Polin Giovanni Ammasso bozzoli durante i mesi di luglio, agosto, settembre (32 operai) Via Villette

4 - Baccega Antonio Dir.Soc.”Unione agricoltori per la fabbricazione dei concimi” (30 operai) Guarda

 
Opifici e imprese con meno di 25 operai

1 - Carmagnola Vittorio Fabbrica Scarpe

(12 operai) Via Asolana

2 - Dorigo Alfonso e Domenico Officina Meccanica (12 operai) Via Feltrina

3 - Mattiello Giuseppe Fabbrica Scarpe (12 operai) Via Ospedale

4 - Pellizzari Francesco Fabbrica Scarpe (14 operai) Via Trevignano (N.B.:Affidati ad operai lavori a domicilio)

5 - Pillon Giovanni Fabbrica mobili e Serramenti in genere (13 operai) Guarda

6 - Pivetta Beniamino Fabbrica Scarpe (17 operai) Piazza Stoviglie

7 - Sartor Angelo Filatura Bozzoli
(25 operai) Via Mercato Vecchio



1901

“Le prime macchine, se tali potevano chiamarsi, erano un insieme di pulegge, di cinghie, di ingegnosi congegni, frutto della mia fantasia e della buona volontà di qualche fabbro del luogo.

Dopo sforzi pazienti tenaci di esperimenti, di prove e di riprove, quando Dio volle, le macchine cominciarono a funzionare.

Il giro d’affari andò a poco a poco estendendosi, oltre ai sandali, si incominciò la fabbricazione di altri articoli, si assunsero i primi viaggiatori e vennero nominati i primi rappresentanti nelle vicine provincie”
(Giuseppe Mattiello, fondatore de L’Alpina)


La grande escursione del Touring Club nel Cadore. La carovana alla Forcella di Lavaredo. Tratto da “la Domenica del Corriere” del 21 settembre 1913
1910: Fabbrica Concimi
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Regolamento Cotonifici Trevigiani del 1909

Art.1     Il lavoro durerà dalle 6 ant. fino alle 12 per ricominciare dalle 13  fino alle 18.
Art.2    Il primo segnale per l’entrata degli operai sarà dato rispettivamente alle ore 5,40  ed alle ore 12,40. Col secondo segnale dato alle 6 ed alle 13 ogni operaio deve essere al suo posto, ed il lavoro dovrà cominciare in tutta la fabbrica.
Art.3      Ogni operaio all’atto dell’entrata nello stabilimento deve togliere da apposita medagliera la sua targhetta che consegnerà poscia all’uscita  dello stabilimento  al personale all’uopo incaricato.
Art.4    Gli operai  che entreranno dopo che venne dato l’ultimo segnale  saranno multati di cent.10.
Art.5     Alle 12 e alle 18 verrà dato il segnale per l’uscita. Prima di detto segnale è assolutamente proibito abbandonare  il lavoro sia per pulirsi  e per mutarsi d’abiti o per qualsiasi altro motivo.
Art.6    E’ assolutamente proibito d’introdurre nello stabilimento bevande di qualsiasi genere, nonché fumare  entro il recinto dello stabilimento stesso. I trasgressori saranno puniti con l’immediato licenziamento, e con eguale pena saranno trattati  gli operai che non si presentassero al lavoro senza giustificati motivi.
Art.7     In stabilimento ognuno deve avere la massima cura per il lavoro che gli viene affidato, ed il massimo rispetto verso i superiori.
Art.8     La paga  degli operai avverrà ogni quindicina, ma una settimana dopo che detta quindicina è scaduta. Tale settimana rimane come deposito (settimana regolamentare). Non vengono concesse anticipazioni.
Art.9     Tanto da parte degli operai  quanto da parte della ditta, l’annuncio di licenziamento deve essere dato con una quindicina di giorni di preavviso, e solo al Sabato di paga. Chi lascia lo stabilimento senza aver soddisfatto gli obblighi di cui sopra, perde l’importo della settimana di deposito.
Art.10    La Ditta potrà licenziare immediatamente quegli operai che commettessero azioni tali da autorizzare simile procedimento.
Art.11    Gli operai che avessero reclami da avanzare, di qualunque genere essi siano, debbono rivolgersi  direttamente alla Direzione. Senza di ciò, ogni lamentela, specialmente se fatta fuori stabilimento, sarà ritenuta quale atto d’insubordinazione e costituirà motivo sufficiente per procedere  all’immediato licenziamento.
Art.12   Ogni operaio ha l’obbligo, quando viene assunto, di prendere esatta cognizione del presente Regolamento, come pure del Regolamento unico che porta le disposizioni  emanate dallo Stato  riguardante il lavoro delle donne e dei fanciulli.
Art.13   I maschi al di sotto dei  quindici anni e le donne minorenni non saranno ammessi se non produrranno regolare libretto di cui l’art. 2 della legge del 7 luglio 1902 N° 242.

                                        Il direttore generale
                                                f. Di Collalto



Restano i vecchi problemi della società contadina, primo fra tutti la pellagra.

Per combattere la endemia pellagrosa si fece funzionare anche nel 1909 la locanda sanitaria, che stette aperta dal 15 febbraio al 3 maggio. Furono ammessi alla locanda 106 pellagrosi, ed i frequentanti furono quotidianamente oltre il centinaio.
(Relazione Giunta Comunale 1909)



L’alcoolismo . . .

Col criterio che il vino o previene e vince la pellagra, si lascia che colà, dove il vino abbonda, e il vizio dell’ubriacatura é pandemico, taccia qualunque altra difesa contro la pellagra, perché si dice che nel vino è l’antidoto della pellagra. E così si raccoglie il doppio risultato di avere cioè paesi interi corrotti dalla pellagra, e degradati dall’alcoolismo. Questi effetti toccarono a molti paesi del nostro pedemonte nei distretti di Asolo, Montebelluna e di Valdobbiadene.
(Relazione medica del dott. Banchieri 1904)



L’analfabetismo . . .

Nelle 21 scuole del Comune abbiamo avuto nell’anno scolastico 1908-1909 N° 1.423 iscritti, con una media di 1.149 frequentanti. I presenti alla fine dell’anno erano 1.132, i promossi furono 983, e 264 i rimandati.
(Relazione Giunta Comunale 1909)


1908
Il tentativo di dotare Montebelluna di un teatro (la sede è l’attuale edificio della Banca Popolare) fallisce per mancanza di fondi.


1911
Vengono fondate la Biblioteca circolante A. Fogazzaro e la sezione della Dante Alighieri.



 La nuova chiesa

1908
Malgrado le durissime condizioni economiche in cui vive la popolazione, la parrocchia, su ispirazione di Mons. Furlan intraprende la gigantesca, costosissima costruzione di una nuova chiesa: l’attuale Duomo.

Rivelatosi inutile un ampliamento della vecchia Prepositurale, dopo aver rifiutato l’invito dell’Amministrazione Comunale di innalzare il tempio della nuova Montebelluna nei pressi del nuovo Mercato (fra Comune e Parrocchia c’era ancora della ruggine di antica data) viene scelto un sito allora in campagna, a ribadire che la Chiesa opera le sue scelte in completa autonomia.

Per tacitare le critiche di chi considerava fuori tempo un’opera di tale mole, Mons. Furlan dà vita ad alcuni asili parrocchiali per i figli dei lavoratori.


La Tramvia

Nel 1880 si inizia a discutere del problema tramvia. Per più di trent’anni si susseguono le proposte di collegare Bassano con Conegliano, poi Bassano - Casella d’Asolo - Montebelluna con diramazione Castelfranco. Infine Asolo - Montebelluna - Valdobbiadene.

Nel 1913 vi è l’inauguazione. Per alcune settimane le carrozze viaggiano vuote perché il Circolo di Verona trova che le carte non sono in regola.

I bombardamenti della guerra 1915/18 danneggiano le carrozze che si fermano fino al 1921, anno in cui, per intervento del Ministro delle terre liberate, riprendono a correre.

I guai però non sono finiti, la gestione va incontro a perdite considerevoli, che vengono ripianate dai contributi dello Stato con i sussidi stabiliti dalla legge “per l’equo trattamento del personale” 29 gennaio 1922.

Il 19 ottobre 1923 un decreto legge toglie i sussidi e il Ministero autorizza la Società Veneta a sospendere addirittura l’esercizio. Per scongiurare questo pericolo i Comuni, la Banca Popolare, gli Istituti agrari si impegnano ad aumentare i propri contributi. Montebelluna ad esempio, passa dalle 1.700 lire anteguerra alle 14.500.

La situazione della tramvia è molto critica: i settanta addetti, in seguito all’inflazione, all’aumento dei costi di gestione sono scesi a trenta.

Il tratto più in deficit è quello Asolo - Montebelluna. Non vi è in media più di un viaggiatore e mezzo per ogni agente tranviario. C’è chi propone di sospendere quel tratto e di mantenere quello di Montebelluna - Valdobbiadene. La proposta viene respinta; anzi, i Comuni cercano di sollecitare il prolungamento fino a Bassano.

La situazione si trascina penosamente fino al 1 aprile 1931 quando la tramvia si ferma per sempre.

Tram a Boccacavalla
Inizi ‘900: scuola femminile di Visnà
Scolaresca all'inizio del '900
Scolaresca all’inizio del ‘900
Inizio ‘900: Corso Vittorio Emanuele
Inizio ‘900: Visita del Vescovo di Treviso Mons. Longhin alla parrocchia di Biadene
 
Volontari in Libia



Per fuggire dalla miseria, qualche giovane parte volontario per la Libia.
Nel settembre del 1911 l’Italia dichiara guerra alla Turchia. Il corpo di spedizione italiano occupa facilmente le principali città costiere della Libia: Homs, Bengasi, Derna, Tobruch.
Le tribù arabe del deserto però continuano una guerriglia difficile da domare. Allora il governo italiano, per intimorire la Turchia che alimenta la guerriglia, fa sbarcare le truppe a Rodi e nel dodecanneso, e autorizza un’incursione della flotta nei Dardanelli.
Il conflitto si conclude con la pace di Losanna nell’ottobre del 1912. Fra i protagonisti del trattato di pace c’è l’on. Pietro Bertolini che diventa poi il primo ministro delle colonie.
L’autore della lettera che riportiamo è stato influenzato dalla propaganda nazionalistica che vuole una politica estera più aggressiva e bellicosa; infatti definisce i nemici “bestie” e quindi degni di essere distrutti. (La guerriglia continua anche dopo la prima guerra mondiale e si conclude solo nel 1931 con la sottomissione dei notabili della Cirenaica.)
Durante la Guerra di Libia vengono usati per la prima volta, i mezzi aerei come arma offensiva. Il soldato montebellunese ne è ovviamente colpito e orgoglioso. E’ pure colpito dalla fertilità del terreno: giudizio che contrasta con l’opinione di altri che non vedevano di buon occhio le spese per gli armamenti in un periodo in cui l’Italia mancava di case, scuole, ospedali, etc. - Salvatorelli definiva la Libia “una scatola di sabbia”.
Allora il petrolio non era stato trovato.
La guerra di Libia mette in luce la nascita di una coscienza nazionale, frutto della propaganda certo; ma per la prima volta i montebellunesi, non solo borghesi, cominciano a parlare di “patria”.


Bengasi 15 gennaio 1912


Spett. Dottore Guido Dall’Armi
Sindaco di Montebelluna
Ne sono liettissimo communicarle i seguenti particolari riguardanti le condizioni del tempo, e dei combattimenti avuti.
Il 28 novembre cioè tre giorni dopo lo sbarco, la Batteria dovette compiere una ricognizione verso la prospiciente e immensa pianura, che all’inoltrare del campo nemico confina ad una linea di colline che si estende a Sud Est verso il deserto di Scara, a pocchi chillometri fù sorpresa da varie collone nemiche che in aguato stava sù degli scavi soterranei, e non potendo dirigere il fuocco, sparrò ad’ ogni parte del fronte.
Quando a pochi minuti s’accorse di essere assediata, pur essendo spallegiata da 2 Regg.ti fanteria é da vari scuadroni di Cavalleria, dovette spostarsi con la massima freddezza, per mandare i proietili sulle loro fille, di fatti dopo 4 ore di lotta vi riusci alla ritirata producendole notevoli perdite al nemico e della Batteria rimase morto un Caporale tra cui uno morì due giorni dopo gli altri guaribili e rimpatriati.
Siamo ancora nella prima posizione,che a poca distanza dal paese furono costruite le nostre lunghe trincee che da una sponda all’altra del mare racchiude la città .
Nei primi giorni gli attacchi avvenivano spessi con buone perdite nemiche, poi cessò qualche giorno, e ora continuano, ma che ne rimete e sempre il nemico poiche noi siamo al sicuro, e da quì non si muoviamo se non che per sconfiggere con la massima sicurezza, perché oltre la comodità dell’acqua, furono costruite le Baracche per l’ospizio della Truppa e dei quadrupedi.
Sia attenderebbe prossima la pace, se, la loro Bizzara religione se ne vedesse, ma sono bestie , conviene quindi distrugerli poiche quelli che insistono sono tutti Arabi e Biduini, che non appartengono all’esercito regolare Turco .
Io rimasi oltre modo sorpreso dell’abilita del nostro esercito nonché delle operazioni aeronautiche, e di Riflessione, ma di più che ogni altro, del costume e contegno di questi scelvagi; accetuato qualche commerciante Ebreo, essi si lasciano prendere il suo Baracano più o meno deccente, e si trattano ne più ne meno delle loro bestie, che abondano in Camelli Vacche molto scarse, e somari molto domestici ma mal trattati.
Il terreno si mostra fertilissimo e si domina qualche bella estenzione, coltivata, a grano viti abonda il ficco d’India, il Dattero, e altre speci di fruta uguali le nostre noi artiglieri felicissimi di salutarla, e Nadal sospira, con tanta stima Devotissimo.

Firma Incomprensibile




L’opinione pubblica, poco smaliziata e facile da ingannare, era stata preparata e mobilitata spiritualmente all’impresa libica con dibattiti, scritti, discorsi gonfi di rettorica. Lo stesso Giovanni Pascoli, il mite poeta delle piccole cose, cade nell’inganno e inizia un suo famoso discorso pronunciato nel teatro di Barga il 25 novembre 1911 con le parole. “La grande Proletaria si è mossa”.
Anche E. Simeoni scrive al sindaco di Montebelluna, orgoglioso di combattere per l’onore della cara patria.



Bengasi li 20 febbraio 1912

Onorevole Signor Sindaco di Montebelluna
Perdonandomi della mia libertà mi permetto con questo mio povero scritto, onde come pure io appartenente al paese; sappiano che io pure mi trovo in queste posizzioni fra mezzo le tribù dei Selvaggi e dei “barbari”. E pure io come i miei Compaesani che si trovano costi ebbi dei momenti da distinguermi e alquanto crittici:
Ciò dicco, questo perchè, proprio ieri ebbi per mano un’“gazzettino” in datta dei primi di gennaio del quale lessi con piacere dei articoli anche da Mbelluna, fra questi uno di Gaio dal Mercato Vecchio che si trova pure lui qui a Bengasi al 4to bersalieri e che piu volte si abbiamo trovato assieme. cio diceva che si trovava questi soldato qui e con lui assieme Andolfatto e Pivetta ed altri, ma come difatti avevo piacere che sapesse che qui a Bengasi siamo in 6 di Mbellunadei quali siamo: io volontario del 55 fanteria di Treviso, e passato al 79 e Pivetta “pessetto” Andolfatto.un certo Sfoggia Briscigliano che è al II° Battaglione del mio reg.to dei quali Gaio e Marcolin al 4° bersaglieri, dei quali tutti m’incaricano di mandarci i più sentitti saluti assicurandolo che tutti stiamo bene, malgrado le dure fattiche e i disaggi della vitta che si conducce in guerra e che tutti orgogliosi si combatte per l’onore della cara patria, ed entusiasti speriamo quanto prima di rittornare dall’oltre mare gloriosi e contenti portando con noi un bel riccordo patriotico.
Spero che acetera questo povero scritto anche a nome dei miei Compagni che in qual modo cercheremo di farsi onere noi e anche il paese e chi lo rapresenta.
Perdoni e gradisca i più sentiti saluti.

Soldato E Simeoni 79 I° Batt.ne Bengasi



Gaio Alfredo, dopo aver vissuto la guerra sulla sua pelle, dimostra di essere guarito dai fumi della propaganda, e sospira la pace. Quanta nostalgia per Montebelluna e il suo tram elettrico ancora da inaugurare!



Bengasi 17 feb 1912

Nobile Signore,
Dovrà sappere che per mezo dei miei genitori intesi che lei mi hà spedito dei saluti per mezo di un Telegrama, ma dovrà sappere che io non lò ricevuto, perché si lo avesse ricevuto li avrei ringraziato subito, così sono pronto a ringraziarlo indiminticabilmente della sua nobbiltà.
Parlarli di guerra sono già stanco e stanchissimo si che venendo in guerra si diventa eroi e più che si stà più eroi si diventa, ma dovrebbero essare tutti eroi non soltanto cuelli che si ritroviamo in Cirenaica e in Tripolitanea, duncue sarebbe ora che pensassero cualche cosa di cuesta povera gente che continuano a Tribulare e portare dei grandi descapiti e delle grandiose pene e pazzioni alle propri famiglie. Dunchue termino perche sono stanco e stanchissimo a parlarli di guerra ormai sono già sazziato, dunchue voliamo la pace e là Trancuilità delle nostre famiglie e parenti ec . . . che tanto sofrono che bello sarebbe la pace! e cuanto guadagno porterebbe e Trancuillità per le povere famiglie che da molto tempo stanno sospirando a Tirrare il fiato lunghissimo.
Chiudo col ringraziarlo nuovamente della sua nobiltà saluti dal indimenticabile Gaio Alfredo addio Mbelluna cuando sarà che potrò rivedarti di nuovo e di poter viaggiare nel Tram Eletrico.
nuovamente saluti
Pietro Marcolin si firma
Ringraziamendo e Salutandolo della sua premura . . .
nuova mente


Montebelluna deve parte del suo rinnovamento alla presenza di una figura politica di valore nazionale: Pietro Bertolini.
Pietro Bertolini fu per quasi trent’anni una delle figure principali della vita politica nazionale. L’affermazione è di Giovanni Giolitti, l’uomo che guidò l’Italia durante i primi tre lustri del secolo, e di cui Bertolini venne considerato ad un certo punto il delfino.
Nato nel 1859, Pietro Bertolini si laureò in legge a Padova. Sindaco di Montebelluna nel 1886; eletto deputato nel 1890, si iscrisse al gruppo capeggiato da Sidney Sonnino. Sottosegretario alle Finanze (Ministero Crispi 1894) e all’Interno (Ministero Pelloux 1899),non cessò di occuparsi di giurisprudenza (pubblicò alcuni volumi sul Governo locale in Inghilterra) e di giornalismo, collaborando al Giornale d’Italia.
Intanto andava avvicinandosi alle idee e ai programmi di Giolitti: entrò nel suo Governo nel 1909 quale Ministro dei Lavori Pubblici; nel 1912 venne mandato ad Ouchy per trattare la pace italo-turca. Nel 1913 fu il primo Ministro delle Colonie e si adoperò per l’organizzazione della Libia.
Come amministratore locale diede impulso ai trasporti (tramvia Asolo-Valdobbiadene; ferrovia Montebelluna-Susegana), e fu l’artefice della colonizzazione del Montello, attuata nel 1892 con una legge che porta il suo nome.
Come si sa l’on. Bertolini, il maggior contrattatore della pace con la Turchia consacrata nel trattato di Losanna, venne nominato di recente Ministro delle Colonie. E per rendersi in qualche guisa conto di quel nuovo vasto possedimento italiano che è la Libia, l’on. Bertolini vi si è recato pochi giorni addietro ed ivi ancora trovasi.
Sbarcato a Tripoli visitò la città e i luoghi vicini accolto dovunque con feste dagli indigeni. Tutti i capi arabi vollero complimentarlo, e in suo onore fu fatta anche una fantasia. Recatosi poscia in Cirenaica gli atti di devozione e di sottomissione degli indigeni aumentarono d’importanza. Sembra che in Libia non si attendesse, non si spasimasse che l’arrivo dei nostri bersaglieri! intanto tutte le truppe turche di Tripolitania sono già partite, ed è imminente la partenza anche di quelle che combatterono in Cirenaica di dove fuggì testè clandestinamente il famoso Enver bey.
La Domenica del Corriere n. 51 del 1912. Il Ministro delle Colonie on. Bertolini sbarca a Tripoli accolto dai capi arabi
Primi ‘900: Centro di Montebelluna con sullo sfondo il Consorzio Agrario.
18 ottobre 1912: Fine della guerra italo-turca: il trattato di pace viene sottoscritto dai plenipotenziari in un albergo di Ouchy (Losanna).
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