Il Conte Domenico Zuccareda
Il conte Domenico Zuccareda fu amico del conte di Cavour e del Re Vittorio Emanuele II. Durante l’esilio visse a Milano, fu nominato presidente del Comitato degli emigranti e spese gran parte della sua sostanza per la patria. Coprì con onore cariche pubbliche: per molti anni fu assessore municipale di Treviso, membro del Consiglio d’amministrazione della Casa di Ricovero e della Banca Trevigiana e fu il primo presidente della nostra Congregazione di Carità.
Il conte Zuccareda fu anche sindaco benemerito di Montebelluna, ove spiegò grande attività e forza di volontà per l’istituzione di quell’importante mercato, sfidando ire di nemici che da quella idea vedevano lesi i loro interessi: si procurò una vera corrente di impopolarità, ebbe incendiato il palazzo ed anche attentata la vita a colpi di fucile! Ma egli resistette e pel vantaggio di Montebelluna volle riuscire e riuscì nell’intento. I montebellunesi, riconoscenti dell’opera meritoria, murarono una lapide in suo onore.
(Fonte: Museo dello Scarpone)
Il conte Zuccareda fu anche sindaco benemerito di Montebelluna, ove spiegò grande attività e forza di volontà per l’istituzione di quell’importante mercato, sfidando ire di nemici che da quella idea vedevano lesi i loro interessi: si procurò una vera corrente di impopolarità, ebbe incendiato il palazzo ed anche attentata la vita a colpi di fucile! Ma egli resistette e pel vantaggio di Montebelluna volle riuscire e riuscì nell’intento. I montebellunesi, riconoscenti dell’opera meritoria, murarono una lapide in suo onore.
(Fonte: Museo dello Scarpone)
La Brentella dono del Piave
E’ nel 1436 l’autorizzazione del Doge Francesco Foscari della Serenissima Repubblica di Venezia ai maggiorenti della città di Treviso, che consentì la derivazione dal Piave in località Visnà di Pederobba (da cui la denominazione del consorzio) di una portata d’acqua atta ad irrigare ed a provvedere e di abbeveraggio del bestiame 57 villaggi e due casali dell’Agro Trevigiano compreso fra il Bosco del Montello, le sorgenti del Botteniga, il Sile e l’Avenale.
Le opere di presa, adduzione e distribuzione, a quanto è dato di sapere, procedettero con notevole solerzia dato che alla fine del XVI secolo la rete di canali artificiali compariva affrescata, assieme con la restante idrografia del Veneto, nei musei vaticani.
Nel corso dei secoli i canali costituirono la base dello sviluppo del territorio e le opere si andarono perfezionando e sviluppando con esso.
Nel 1926 venne concesso al Consorzio di spostare l’opera di presa a Fener e di incrementare la portata di derivazione il che rappresentò il punto di partenza per la introduzione di un sistema razionale di irrigazione del territorio per la possibilità di derivare con costanza la competenza d’acqua.
Dal punto di vista istituzionale e funzionale, il passo decisivo verso la veste attuale dell’Ente risale al 1977 con la redazione di un “Piano Generale di Bonifica” quale strumento programmatico indispensabile ad operare in modo organico.
Attraverso le opere di presa situate a Fener vengono prelevati per il territorio di destra da un minimo di 16 metri cubi al secondo durante la stagione autunnale e invernale fino ai 32,50 metri cubi al secondo nei mesi di luglio-agosto; per il territorio di sinistra da un minimo di 0,20 metri cubi al secondo ad un massimo di 3,30 metri cubi al secondo.
Le opere di presa, adduzione e distribuzione, a quanto è dato di sapere, procedettero con notevole solerzia dato che alla fine del XVI secolo la rete di canali artificiali compariva affrescata, assieme con la restante idrografia del Veneto, nei musei vaticani.
Nel corso dei secoli i canali costituirono la base dello sviluppo del territorio e le opere si andarono perfezionando e sviluppando con esso.
Nel 1926 venne concesso al Consorzio di spostare l’opera di presa a Fener e di incrementare la portata di derivazione il che rappresentò il punto di partenza per la introduzione di un sistema razionale di irrigazione del territorio per la possibilità di derivare con costanza la competenza d’acqua.
Dal punto di vista istituzionale e funzionale, il passo decisivo verso la veste attuale dell’Ente risale al 1977 con la redazione di un “Piano Generale di Bonifica” quale strumento programmatico indispensabile ad operare in modo organico.
Attraverso le opere di presa situate a Fener vengono prelevati per il territorio di destra da un minimo di 16 metri cubi al secondo durante la stagione autunnale e invernale fino ai 32,50 metri cubi al secondo nei mesi di luglio-agosto; per il territorio di sinistra da un minimo di 0,20 metri cubi al secondo ad un massimo di 3,30 metri cubi al secondo.
La tradizione veneziana
La tradizione calzaturiera montebellunese si innesta in quella molto antica che fiorisce nella repubblica di Venezia di cui Montebelluna viene a far parte dal sec. XIV.
A Venezia, accanto alle attività mercantili e marittime, buona parte dell’economia era rappresentata dalla fornitura di servizi e dalle attività manifatturiere, che presto si organizzarono in strutture associativo - corporative.
La componente devozionale era fortemente insita nel sistema delle corporazioni: la loro sede infatti era molto spesso una chiesa o un luogo di culto e parte dei fondi comuni era destinata alle funzioni religiose ed al mantenimento architettonico di questi luoghi pii.
La corporazione dei “calegheri e zavattieri” (calzolai e ciabattini) è una delle prime attività che a Venezia pubblica il proprio statuto o “capitolare” (nel 1271): in esso sono fissati i meccanismi d’accesso alla corporazione e di avanzamento di livello all’interno della stessa; i salari e le tariffe; gli accordi per la spartizione dei punti vendita tra gli associati; la consistenza di una cassa di mutuo soccorso.
Nel Settecento Venezia venne colpita da una crisi che investì i comparti più significativi della sua economia (settore tessile, del commercio, delle costruzioni navali). I prodotti veneziani persero progressivamente di competitività rispetto alle merci estere (anche della terraferma), e così il sistema delle arti cominciò a decadere.
Il colpo finale fu inferto dalla dominazione napoleonica e successivamente da quella austriaca. La corporazione dei calegheri scompariva . . . Restavano gli scarperi.
Due centri dell’entroterra continuavano infatti la tradizione: Stra si specializzava nella produzione della calzatura fine (il decollo industriale iniziò quando Luigi Voltan a Stra nel 1898 allestì la prima fabbrica interamente meccanizzata secondo la tecnica della lavorazione in serie); Montebelluna invece, in quella della calzatura sportiva.
Ville, barchesse, giardini, chiese, capitelli, statue, affreschi . . . tutta la magnificenza di Venezia diffusa per la campagna è stata il libro sul quale le genti venete inconsapevolmente hanno studiato e appreso la civiltà della Serenissima. E quanti e quali impareggiabili maestri hanno fatto scuola!
Giorgione, Tiziano, Palladio e Veronese, Zelotti e Tiepolo venivano a celebrare con la loro arte la ricchezza e il potere, aristocratico o ecclesiastico.
Per quanto miserabile e affamato, anche il contadino di fronte a tante meraviglie educava il proprio senso estetico.
Spesso il fattore, il fittavolo più sensibile rubavano una idea architettonica, la forma di un tetto o di una finestra che avevano ammirato nella villa del padrone, e la riportavano nella loro casa colonica
Il sistema moda attuale, con il suo gusto per il design e per il colore, che qualifica la calzatura montebellunese, non é un fiore sbocciato improvvisamente e casualmente. Esso é cresciuto su un humus culturale i cui giardinieri sono stati per secoli i geniali artisti della tradizione veneziana.
A Venezia, accanto alle attività mercantili e marittime, buona parte dell’economia era rappresentata dalla fornitura di servizi e dalle attività manifatturiere, che presto si organizzarono in strutture associativo - corporative.
La componente devozionale era fortemente insita nel sistema delle corporazioni: la loro sede infatti era molto spesso una chiesa o un luogo di culto e parte dei fondi comuni era destinata alle funzioni religiose ed al mantenimento architettonico di questi luoghi pii.
La corporazione dei “calegheri e zavattieri” (calzolai e ciabattini) è una delle prime attività che a Venezia pubblica il proprio statuto o “capitolare” (nel 1271): in esso sono fissati i meccanismi d’accesso alla corporazione e di avanzamento di livello all’interno della stessa; i salari e le tariffe; gli accordi per la spartizione dei punti vendita tra gli associati; la consistenza di una cassa di mutuo soccorso.
Nel Settecento Venezia venne colpita da una crisi che investì i comparti più significativi della sua economia (settore tessile, del commercio, delle costruzioni navali). I prodotti veneziani persero progressivamente di competitività rispetto alle merci estere (anche della terraferma), e così il sistema delle arti cominciò a decadere.
Il colpo finale fu inferto dalla dominazione napoleonica e successivamente da quella austriaca. La corporazione dei calegheri scompariva . . . Restavano gli scarperi.
Due centri dell’entroterra continuavano infatti la tradizione: Stra si specializzava nella produzione della calzatura fine (il decollo industriale iniziò quando Luigi Voltan a Stra nel 1898 allestì la prima fabbrica interamente meccanizzata secondo la tecnica della lavorazione in serie); Montebelluna invece, in quella della calzatura sportiva.
Ville, barchesse, giardini, chiese, capitelli, statue, affreschi . . . tutta la magnificenza di Venezia diffusa per la campagna è stata il libro sul quale le genti venete inconsapevolmente hanno studiato e appreso la civiltà della Serenissima. E quanti e quali impareggiabili maestri hanno fatto scuola!
Giorgione, Tiziano, Palladio e Veronese, Zelotti e Tiepolo venivano a celebrare con la loro arte la ricchezza e il potere, aristocratico o ecclesiastico.
Per quanto miserabile e affamato, anche il contadino di fronte a tante meraviglie educava il proprio senso estetico.
Spesso il fattore, il fittavolo più sensibile rubavano una idea architettonica, la forma di un tetto o di una finestra che avevano ammirato nella villa del padrone, e la riportavano nella loro casa colonica
Il sistema moda attuale, con il suo gusto per il design e per il colore, che qualifica la calzatura montebellunese, non é un fiore sbocciato improvvisamente e casualmente. Esso é cresciuto su un humus culturale i cui giardinieri sono stati per secoli i geniali artisti della tradizione veneziana.