Gli anni '90
In Italia
La politica.
La cosiddetta Tangentopoli, iniziata in maniera improvvisa e casuale nel 1992 ed esplosa con il costituirsi del pool “Mani pulite”, segna la fine della Prima Repubblica. DC e PSI, i due maggiori partiti del Paese, travolti dagli scandali, sono costretti, volenti o nolenti, a uscire di scena; una forte spinta in questo senso viene data dall’attività della Lega Nord che attacca indiscriminatamente tutti i partiti politici propugnando la creazione di uno stato federalista.
Con la fine dei governi democristiani e socialisti, la carica di presidente del Consiglio viene assunta da personalità meno coinvolte o estranee ai vecchi giochi di potere che, con la collaborazione di numerosi tecnici, ottengono buoni risultati nel risanamento dei conti pubblici.
Nell’aprile del 1993, con il referendum per la trasformazione della legge elettorale proporzionale volto a porre freno alla partitocrazia, si passa ad un nuovo sistema largamente maggioritario, con il quale si va alle urne un anno dopo. I risultati vedono l’affermarsi di una coalizione eterogenea di tre raggruppamenti diversi (Alleanza nazionale, Lega Nord e Forza Italia) che non riescono però a garantire stabilità politica al Paese.
Si torna quindi a votare nel 1996, dopo una breve parentesi costituita da un governo di tecnici che, sotto la guida di Lamberto Dini, aveva come principale obbiettivo il risanamento dell’economia; con questo turno di elezioni si assiste all’ascesa al potere dell’Ulivo, una coalizione di partiti di centro-sinistra guidata da Romano Prodi che diventa Presidente del Consiglio.
L’economia.
L’Italia è entrata in un ciclo lento: al pari delle altre maggiori europee si muove con una velocità quasi vicina allo zero: nel 1993 è tornata indietro dell’1 per cento e nel 1996 andrà avanti dell’1 per cento.
Il guaio è che il nostro Paese, fra quelli europei europei, è quello più malconcio, quello con più debito e più inflazione (anche se nel ‘96 quest’ultima è notevolmente calata). Il paradosso dell’economia italiana è che per risanare i conti pubblici bisogna diminuire i consumi ma per creare occupazione bisogna consumare di più all’interno o vendere di più all’estero. Ma il rafforzamento della lira penalizza le esportazioni . . .
La politica.
La cosiddetta Tangentopoli, iniziata in maniera improvvisa e casuale nel 1992 ed esplosa con il costituirsi del pool “Mani pulite”, segna la fine della Prima Repubblica. DC e PSI, i due maggiori partiti del Paese, travolti dagli scandali, sono costretti, volenti o nolenti, a uscire di scena; una forte spinta in questo senso viene data dall’attività della Lega Nord che attacca indiscriminatamente tutti i partiti politici propugnando la creazione di uno stato federalista.
Con la fine dei governi democristiani e socialisti, la carica di presidente del Consiglio viene assunta da personalità meno coinvolte o estranee ai vecchi giochi di potere che, con la collaborazione di numerosi tecnici, ottengono buoni risultati nel risanamento dei conti pubblici.
Nell’aprile del 1993, con il referendum per la trasformazione della legge elettorale proporzionale volto a porre freno alla partitocrazia, si passa ad un nuovo sistema largamente maggioritario, con il quale si va alle urne un anno dopo. I risultati vedono l’affermarsi di una coalizione eterogenea di tre raggruppamenti diversi (Alleanza nazionale, Lega Nord e Forza Italia) che non riescono però a garantire stabilità politica al Paese.
Si torna quindi a votare nel 1996, dopo una breve parentesi costituita da un governo di tecnici che, sotto la guida di Lamberto Dini, aveva come principale obbiettivo il risanamento dell’economia; con questo turno di elezioni si assiste all’ascesa al potere dell’Ulivo, una coalizione di partiti di centro-sinistra guidata da Romano Prodi che diventa Presidente del Consiglio.
L’economia.
L’Italia è entrata in un ciclo lento: al pari delle altre maggiori europee si muove con una velocità quasi vicina allo zero: nel 1993 è tornata indietro dell’1 per cento e nel 1996 andrà avanti dell’1 per cento.
Il guaio è che il nostro Paese, fra quelli europei europei, è quello più malconcio, quello con più debito e più inflazione (anche se nel ‘96 quest’ultima è notevolmente calata). Il paradosso dell’economia italiana è che per risanare i conti pubblici bisogna diminuire i consumi ma per creare occupazione bisogna consumare di più all’interno o vendere di più all’estero. Ma il rafforzamento della lira penalizza le esportazioni . . .
A Montebelluna
La politica.
Parallelamente a ciò che accade in ambito nazionale, anche nel distretto di Montebelluna la DC in pochi anni svanisce e il suo ruolo viene assunto dalla Lega.
Il miracolo veneto (con un ritardo di vent’anni rispetto alla realtà) diventa un caso giornalistico: importanti quotidiani e settimanali dedicano ampi servizi al ricco Nordest e alla vitalità imprenditoriale delle sue imprese come modelli da seguire per far sì che l’Italia possa guardare agli altri Paesi europei non con un ruolo da subordinata.
In particolare diventa drammatico il problema della circolazione nel distretto: con il crescente aumento di autoveicoli e con i sempre più incalzanti progressi nel settore industriale e commerciale la rete stradale si rivela inadeguata.
Un’altra emergenza assillante che riempie la cronaca quotidiana è quella dei rifiuti. Com’è cambiato il mondo! Ciò che una volta era un privilegio, ora è fonte di angoscia. Nel secolo scorso raccogliere lo strame sul Montello era prerogativa dei bisnenti; portare a casa i resti del mercato un’esclusiva dei fittavoli della Parrocchia; il Conte Pola voleva addirittura aprire un nuovo mercato per una questione di letame!
La politica.
Parallelamente a ciò che accade in ambito nazionale, anche nel distretto di Montebelluna la DC in pochi anni svanisce e il suo ruolo viene assunto dalla Lega.
Il miracolo veneto (con un ritardo di vent’anni rispetto alla realtà) diventa un caso giornalistico: importanti quotidiani e settimanali dedicano ampi servizi al ricco Nordest e alla vitalità imprenditoriale delle sue imprese come modelli da seguire per far sì che l’Italia possa guardare agli altri Paesi europei non con un ruolo da subordinata.
In particolare diventa drammatico il problema della circolazione nel distretto: con il crescente aumento di autoveicoli e con i sempre più incalzanti progressi nel settore industriale e commerciale la rete stradale si rivela inadeguata.
Un’altra emergenza assillante che riempie la cronaca quotidiana è quella dei rifiuti. Com’è cambiato il mondo! Ciò che una volta era un privilegio, ora è fonte di angoscia. Nel secolo scorso raccogliere lo strame sul Montello era prerogativa dei bisnenti; portare a casa i resti del mercato un’esclusiva dei fittavoli della Parrocchia; il Conte Pola voleva addirittura aprire un nuovo mercato per una questione di letame!
Il Veneto diventa la regione più
sconvolta dall’escavazione di ghiaia e spesso le cave diventano discariche per
i rifiuti.
La vita sociale
Case sempre più grandi e famiglie sempre più piccole. Il numero degli anziani ha ormai superato quello dei bambini. Molto attiva l’Università della terza età che ha sede a Casa Roncato e organizza corsi nelle più svariate discipline.
Fra i più attivi ricordiamo Bruno Andolfato, Innocenza Indelicato, Lidia Gallina, Franco Zizola, Lucio De Bortoli, Maria Grazia Pozzato, Gregorio Piaia.
Ieri qui i missionari si preparavano per le terre di missione.
Oggi gli extracomunitari celebrano i loro riti musulmani.
Nell’era del virtuale tutti i paradossi sono possibili.
Negli anni dell’internazionalizzazione (metà degli scarponi da sci sono controllati da marchi stranieri), della mondializzazione, Montebelluna riscopre le sue tradizioni locali e sogna la Padania.
Il gruppo “I Selese” è l’artefice e l’organizzatore del Palio del Vecchio Mercato, una manifestazione che ogni settembre richiama decine di migliaia di turisti.
I fondatori del Selese: Silverio Zaffaina, Gino Gaffo, Giampietro De Cesaro, Tiziano Tessariol, Renzo Visintin, Dino Venturini, Renato Tessari, Edo Cornuda, Silvano Sartor, Luciano Gallina, Ciccio Martinazzo, Giuseppe Groppo, Paolo De Mar, Gianni Pecoroni, Vittorio Della Toffola, Eliseo Colle, Benito Cavasotto, Vasco Cavasin, Eugenio Gallina.
L’esigenza di istituire una scuola professionale per calzaturieri, ripetutamente sollecitata, ha avuto una risposta concreta solo nel 1995. Nel passato l’unica iniziativa formativa è stata la Scuola Professionale Artigiana Diplomata per Tagliatori Modellisti Orlatrici e Formatori Calzolai del maestro Leopoldo Zanella che ha insegnato l’arte del mestiere, appresa dal padre Pietro, ricercatissimo alla fine dell’800, non solo a Montebelluna, in quanto tagliatore e modellista di inimitabile qualità.
Leopoldo Zanella all’interno della sua scuola professionale
Il maestro Zanella ha avuto più di 200 allievi, contesi dalle maggiori aziende, molti dei quali sono quelli che hanno fondato fiorenti imprese calzaturiere.
L’economia.
Il 1990 è l’anno della crisi del Golfo. Iniziata in agosto e sfociata poi nella guerra del gennaio 1991, condiziona in modo rilevante, soprattutto a livello emotivo, l’economia mondiale; tuttavia la recessione negli USA si era manifestata prima dell’aggressione di Saddam Hussein al Kuwait.
Fortunatamente, dopo tre inverni mitissimi, nel 1990 cade la tanto sospirata neve: precoce ed abbondante in Europa, non altrettanto in America e piuttosto in ritardo in Giappone.
I negozianti europei si liberano delle loro scorte e tornano a sorridere; ma, dopo le delusioni degli anni passati, non si precipitano a riacquisti frettolosi. La parola d’ordine è : prudenza.
Nel 1991 la calzatura italiana non va bene. Secondo un dossier dell’Anci, il settore ha registrato un calo, nella produzione e nelle esportazioni, del 3%, anche se il saldo della bilancia commerciale risulta sempre notevole, pari a 6.800 miliardi. Le importazioni hanno invece visto un incremento del 25%. Il peso dell’Italia nella produzione mondiale è sceso dal 5,98% del 1981 al 3,94% del 1989 e si è dimezzata anche la nostra quota nel mercato delle esportazioni.
Se il calzaturiero italiano è afflitto da tanti acciacchi, quello montebellunese, pur non godendo ottima salute, soffre di meno. Sorprendente resta la grande capacità di adattamento degli imprenditori. La mancanza di neve per tre anni consecutivi aveva fatto temere il peggio; alla prova dei fatti il peggio non è arrivato. Anzi, il sistema Montebelluna conferma di saper tenere.
Nel 1992 scoppia tangentopoli. Per la scarpa sportiva montebellunese lo scenario internazionale è reso più complicato dalla particolare situazione italiana: Tangentopoli significa anche perdita di fiducia nei consumi.
Il 1993 è un anno complessivamente soddisfacente, e per alcuni comparti buono. Aiutati dalla svalutazione, ma non solo da quella, i produttori montebellunesi riescono a destreggiarsi tra gli scogli di una crisi economica da cui l’Italia non accenna a disincagliarsi.
La svalutazione è tutto ossigeno per il 1994 e 1995. Ma sul distretto, oltre alle luci, non mancano le ombre: sul mercato interno, che dimostra segnali di risveglio, pesa l’aumento di 3 punti percentuali dell’I.V.A. La crescita del dollaro, utilizzato per pagare la pelle, e lo sbalorditivo rafforzamento del marco (valuta a cui si ricorre per acquistare il PVC e altri prodotti chimici), incidono in modo sensibile sul costo delle calzature. Dunque anche la svalutazione della lira, che fino ad un certo livello aveva accelerato la ripresa economica, rischia di trasformarsi in un boomerang.
Il 1995 è un anno eccezionale. Ma già verso la fine la locomotiva perde colpi e nei primi mesi del 1996 si ritorna a parlare di crisi. Le nuove paure arrivano dai paesi emergenti: essi hanno dimostrato di aver imparato rapidamente a produrre e migliorare la qualità. Su questo terreno il distretto montebellunese potrà difendere con successo le nicchie, ma è illusorio sperare di conservare le grandi quantità.
Intanto la lira migliora, ritorna a quota mille sul marco. . . esportare diventa più difficile. . .
La vita sociale
Case sempre più grandi e famiglie sempre più piccole. Il numero degli anziani ha ormai superato quello dei bambini. Molto attiva l’Università della terza età che ha sede a Casa Roncato e organizza corsi nelle più svariate discipline.
Fra i più attivi ricordiamo Bruno Andolfato, Innocenza Indelicato, Lidia Gallina, Franco Zizola, Lucio De Bortoli, Maria Grazia Pozzato, Gregorio Piaia.
Ieri qui i missionari si preparavano per le terre di missione.
Oggi gli extracomunitari celebrano i loro riti musulmani.
Nell’era del virtuale tutti i paradossi sono possibili.
Negli anni dell’internazionalizzazione (metà degli scarponi da sci sono controllati da marchi stranieri), della mondializzazione, Montebelluna riscopre le sue tradizioni locali e sogna la Padania.
Il gruppo “I Selese” è l’artefice e l’organizzatore del Palio del Vecchio Mercato, una manifestazione che ogni settembre richiama decine di migliaia di turisti.
I fondatori del Selese: Silverio Zaffaina, Gino Gaffo, Giampietro De Cesaro, Tiziano Tessariol, Renzo Visintin, Dino Venturini, Renato Tessari, Edo Cornuda, Silvano Sartor, Luciano Gallina, Ciccio Martinazzo, Giuseppe Groppo, Paolo De Mar, Gianni Pecoroni, Vittorio Della Toffola, Eliseo Colle, Benito Cavasotto, Vasco Cavasin, Eugenio Gallina.
L’esigenza di istituire una scuola professionale per calzaturieri, ripetutamente sollecitata, ha avuto una risposta concreta solo nel 1995. Nel passato l’unica iniziativa formativa è stata la Scuola Professionale Artigiana Diplomata per Tagliatori Modellisti Orlatrici e Formatori Calzolai del maestro Leopoldo Zanella che ha insegnato l’arte del mestiere, appresa dal padre Pietro, ricercatissimo alla fine dell’800, non solo a Montebelluna, in quanto tagliatore e modellista di inimitabile qualità.
Leopoldo Zanella all’interno della sua scuola professionale
Il maestro Zanella ha avuto più di 200 allievi, contesi dalle maggiori aziende, molti dei quali sono quelli che hanno fondato fiorenti imprese calzaturiere.
L’economia.
Il 1990 è l’anno della crisi del Golfo. Iniziata in agosto e sfociata poi nella guerra del gennaio 1991, condiziona in modo rilevante, soprattutto a livello emotivo, l’economia mondiale; tuttavia la recessione negli USA si era manifestata prima dell’aggressione di Saddam Hussein al Kuwait.
Fortunatamente, dopo tre inverni mitissimi, nel 1990 cade la tanto sospirata neve: precoce ed abbondante in Europa, non altrettanto in America e piuttosto in ritardo in Giappone.
I negozianti europei si liberano delle loro scorte e tornano a sorridere; ma, dopo le delusioni degli anni passati, non si precipitano a riacquisti frettolosi. La parola d’ordine è : prudenza.
Nel 1991 la calzatura italiana non va bene. Secondo un dossier dell’Anci, il settore ha registrato un calo, nella produzione e nelle esportazioni, del 3%, anche se il saldo della bilancia commerciale risulta sempre notevole, pari a 6.800 miliardi. Le importazioni hanno invece visto un incremento del 25%. Il peso dell’Italia nella produzione mondiale è sceso dal 5,98% del 1981 al 3,94% del 1989 e si è dimezzata anche la nostra quota nel mercato delle esportazioni.
Se il calzaturiero italiano è afflitto da tanti acciacchi, quello montebellunese, pur non godendo ottima salute, soffre di meno. Sorprendente resta la grande capacità di adattamento degli imprenditori. La mancanza di neve per tre anni consecutivi aveva fatto temere il peggio; alla prova dei fatti il peggio non è arrivato. Anzi, il sistema Montebelluna conferma di saper tenere.
Nel 1992 scoppia tangentopoli. Per la scarpa sportiva montebellunese lo scenario internazionale è reso più complicato dalla particolare situazione italiana: Tangentopoli significa anche perdita di fiducia nei consumi.
Il 1993 è un anno complessivamente soddisfacente, e per alcuni comparti buono. Aiutati dalla svalutazione, ma non solo da quella, i produttori montebellunesi riescono a destreggiarsi tra gli scogli di una crisi economica da cui l’Italia non accenna a disincagliarsi.
La svalutazione è tutto ossigeno per il 1994 e 1995. Ma sul distretto, oltre alle luci, non mancano le ombre: sul mercato interno, che dimostra segnali di risveglio, pesa l’aumento di 3 punti percentuali dell’I.V.A. La crescita del dollaro, utilizzato per pagare la pelle, e lo sbalorditivo rafforzamento del marco (valuta a cui si ricorre per acquistare il PVC e altri prodotti chimici), incidono in modo sensibile sul costo delle calzature. Dunque anche la svalutazione della lira, che fino ad un certo livello aveva accelerato la ripresa economica, rischia di trasformarsi in un boomerang.
Il 1995 è un anno eccezionale. Ma già verso la fine la locomotiva perde colpi e nei primi mesi del 1996 si ritorna a parlare di crisi. Le nuove paure arrivano dai paesi emergenti: essi hanno dimostrato di aver imparato rapidamente a produrre e migliorare la qualità. Su questo terreno il distretto montebellunese potrà difendere con successo le nicchie, ma è illusorio sperare di conservare le grandi quantità.
Intanto la lira migliora, ritorna a quota mille sul marco. . . esportare diventa più difficile. . .
Il declino degli sport invernali.
Un fenomeno annunciato è il lento declino degli sport invernali, declino che sembra in contraddizione con il successo che gli eventi agonistici godono nei mass media. In realtà il numero di coloro che praticano lo sci non è cresciuto in maniera proporzionata alla diffusione del benessere.
Se gli anni Sessanta e Settanta hanno rappresentato gli anni di maggiore sviluppo dello sci in particolare, ma anche degli sport invernali in genere, gli anni Ottanta hanno mostrato una diminuzione dell’interesse rivolto a queste discipline sportive.
Le ragioni sono molteplici.
Anzitutto, lo sci è uno sport fortemente condizionato dalla meteorologia. Le precipitazioni atmosferiche nelle tradizionali aree sciistiche sono, nelle ultime stagioni, notevolmente diminuite e la quantità di neve è stata, in alcuni periodi dell’anno e per parecchie stazioni invernali, insufficiente.
La neve artificiale ha in parte sopperito alla carenza di neve naturale; ma per lo sci da fondo il rimedio non pare efficace.
L’industria turistica, inoltre, ha ampliato notevolmente in questi ultimi anni la propria offerta, proponendo vacanze in località che presentano opportunità di divertimento e a prezzi molto competitivi rispetto a quelli delle vacanze sciistiche, il cui costo è notevolmente cresciuto.
Un fenomeno annunciato è il lento declino degli sport invernali, declino che sembra in contraddizione con il successo che gli eventi agonistici godono nei mass media. In realtà il numero di coloro che praticano lo sci non è cresciuto in maniera proporzionata alla diffusione del benessere.
Se gli anni Sessanta e Settanta hanno rappresentato gli anni di maggiore sviluppo dello sci in particolare, ma anche degli sport invernali in genere, gli anni Ottanta hanno mostrato una diminuzione dell’interesse rivolto a queste discipline sportive.
Le ragioni sono molteplici.
Anzitutto, lo sci è uno sport fortemente condizionato dalla meteorologia. Le precipitazioni atmosferiche nelle tradizionali aree sciistiche sono, nelle ultime stagioni, notevolmente diminuite e la quantità di neve è stata, in alcuni periodi dell’anno e per parecchie stazioni invernali, insufficiente.
La neve artificiale ha in parte sopperito alla carenza di neve naturale; ma per lo sci da fondo il rimedio non pare efficace.
L’industria turistica, inoltre, ha ampliato notevolmente in questi ultimi anni la propria offerta, proponendo vacanze in località che presentano opportunità di divertimento e a prezzi molto competitivi rispetto a quelli delle vacanze sciistiche, il cui costo è notevolmente cresciuto.
La quarta
diversificazione produttiva
Quattro
scarpe vincenti: Pattini in linea - Snowboard - Calcio - Città
La vitalità del distretto montebellunese si riassume in due parole: tradizione e innovazione.
Il ritorno dei ganci
Un evento che rinvigorisce le sorti dello scarpone da sci all’inizio del decennio è il ritorno dei ganci.
Fino a ieri vi era una suddivisione sostanziale in due segmenti principali: lo scarpone a entrata tradizionale (o 4 ganci) e lo scarpone a calzata posteriore; i pesi di mercato erano del 20% per il primo, contro l’80% del secondo. Si sta ora assistendo ad una crescita del segmento a calzata tradizionale: le stime del ‘91/’92 parlano di un 30/35% contro il già citato 20%.
Questo fenomeno è dovuto a diversi fattori: innanzitutto, la scarsità di neve ha condotto in pista gli sciatori più evoluti che ricercano nel prodotto quelle prestazioni che solo il prodotto a calzata anteriore è in grado di dare. Oltre a ciò la massa di sciatori della domenica non ha più rinnovato la propria attrezzatura in quanto si è indirizzata verso altre attività sportive.
(Cesare Cagliari, Lange, intervento al convegno ‘Imprenditorialità e calzaturiero: i fattori del successo 8 apr 1991)
In pochi anni l’entusiasmo per l’entrata posteriore si affievolisce e Montebelluna, che possiede la tecnologia dei ganci, accresce la sua capacità di attrazione delle aziende straniere. In una fase che vede lo scarpone da sci in difficoltà (è un prodotto ormai maturo e deve affrontare la concorrenza di nuovi modi di giocare sulla neve, come lo snow board), il ritorno alla tradizione è una provvidenziale boccata di ossigeno.
I pattini in linea
Le superstar degli anni ‘90 sono i pattini in linea. Una storia curiosa. Un’idea vecchia, addormentata per decenni, che improvvisamente esplode in tutto il mondo. Fra i protagonisti di questa ultima avventura del distretto montebellunese la Roces di Vasco Cavasin che nel 1982 incontra i due fratelli di Minneapolis, Scott e Brennan Olson, giocatori di hochey i quali per allenarsi d’estate avevano riportato alla luce i pattini in linea.
Un incontro fortunato. Cavasin inizia a dare assistenza tecnica e a fornire la scarpa per i Rollerblade, prodotti dalla società dei due fratelli Usa.
Nel 1992 Benetton Benetton Sportsystem acquisisce la società americana. Roces continua a produrre pattini col suo marchio.
1992 I
pattini “in line” rappresentano la vera diversificazione produttiva estiva
dello scarpone da sci (la tecnologia del pattino in plastica è infatti mutuata
dallo scarpone da sci in plastica). Inutile dire che le aspettative dei
montebellunesi sono che anche l’Europa accolga fra le sue nuove abitudini
questo attrezzo che negli Stati Uniti è diventato uno stile di vita.
(Fonte: Osem)
1994 Per il prossimo futuro le previsioni sono confortanti: consolidamento in America, crescita in Europa e in Giappone. L’interrogativo che ci si pone è fino a che punto questa crescita continuerà, e quindi se la moda dei pattini entrerà stabilmente nella cultura sportiva europea e giapponese.
In tal caso sarà inevitabile l’ingresso nel comparto, dopo il colosso Nike (che ha acquistato la Canstar) di altri produttori di scarponi da sci montebellunesi.
Tale prospettiva diventerebbe una scelta quasi obbligata, se si considera che lo scarpone da sci in plastica, attuale leader della calzatura montebellunese, non ha per il momento chance di crescita, ma addirittura accenna a difficoltà di conservazione delle sue quote di praticanti. In Giappone, per esempio, l’attenzione del mondo giovanile pare più orientata verso lo snowboard che, nato in America, si sta guadagnando anche in Europa schiere di appassionati.
(Fonte: Osem)
1995 Le fortune del pattino sono senz’altro favorite dai costi, non tanto dal prodotto in sé, quanto dalla pratica sportiva: pattinare è indubbiamente meno caro che sciare.
Per restare nel settore della calzatura in plastica, possiamo dire che negli ultimi 10 anni il ritorno dei ganci negli scarponi da sci e l’avvento dei pattini in linea ha rivoluzionato la storia del nostro distretto. Senza il ritorno del passato (i ganci) e la novità dei pattini, alcune aziende montebellunesi avrebbero dovuto affrontare una preoccupante burrasca.
(Fonte: Osem)
(Fonte: Osem)
1994 Per il prossimo futuro le previsioni sono confortanti: consolidamento in America, crescita in Europa e in Giappone. L’interrogativo che ci si pone è fino a che punto questa crescita continuerà, e quindi se la moda dei pattini entrerà stabilmente nella cultura sportiva europea e giapponese.
In tal caso sarà inevitabile l’ingresso nel comparto, dopo il colosso Nike (che ha acquistato la Canstar) di altri produttori di scarponi da sci montebellunesi.
Tale prospettiva diventerebbe una scelta quasi obbligata, se si considera che lo scarpone da sci in plastica, attuale leader della calzatura montebellunese, non ha per il momento chance di crescita, ma addirittura accenna a difficoltà di conservazione delle sue quote di praticanti. In Giappone, per esempio, l’attenzione del mondo giovanile pare più orientata verso lo snowboard che, nato in America, si sta guadagnando anche in Europa schiere di appassionati.
(Fonte: Osem)
1995 Le fortune del pattino sono senz’altro favorite dai costi, non tanto dal prodotto in sé, quanto dalla pratica sportiva: pattinare è indubbiamente meno caro che sciare.
Per restare nel settore della calzatura in plastica, possiamo dire che negli ultimi 10 anni il ritorno dei ganci negli scarponi da sci e l’avvento dei pattini in linea ha rivoluzionato la storia del nostro distretto. Senza il ritorno del passato (i ganci) e la novità dei pattini, alcune aziende montebellunesi avrebbero dovuto affrontare una preoccupante burrasca.
(Fonte: Osem)